ANCHE I NO VAX HANNO LA LORO EROICA PIONIERA

Oltre mezzo milione di multa. Così ha deciso la Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia. Mezzo milione di multa all’assistente sanitaria Emanuela Petrillo (nella foto) per non aver somministrato centinaia di dosi di vaccino contro le più comuni malattie infantili nel periodo in cui ha prestato servizio a Codroipo (Udine), tra il 2005 e il 2019. La decisione precede la sentenza penale e per questa ragione la difesa ha trovato subito fiato: l’assistente è accusata per lo stesso comportamento anche in Veneto, ma la Corte dei Conti di questa regione ha sospeso ogni iniziativa in attesa del pronunciamento del Tribunale.

Vedremo come sarà andata a finire quando tutte le battaglie legali si saranno placate –  ci vorrà un bel po’ di tempo per risolvere tre gradi di giudizio -, ma intanto possiamo individuare nella storia dell’assistente Petrillo il sospetto di un pregiudizio profondo e lontano nei confronti dei vaccini, pregiudizio che precede la bufera del Covid e che negli eventi degli ultimi due anni ha solo trovato il vento a favore per invigorirne, anzi, ingigantirne la fiamma.

Emanuela Petrillo pagherà il mezzo milione solo se verrà riconosciuta colpevole, ma in questo caso incasserà anche qualcosa: l’ammirazione di chi oggi vede nei vaccini la sintesi perfetta di ogni macchinazione ai danni del cittadino inerme. Il vaccino sarebbe, secondo questo punto di vista, il pernicioso distillato di ogni potere manipolatorio che trama alle spalle dell’individuo indifeso, il veleno in cui la strega inzuppa la mela destinata a Biancaneve, il simbolo fatto materia della malvagità dei potenti che calpestano l’omino indifeso. Se condannata, l’assistente Petrillo riceverà dunque l’ammirazione che si riserva ai pionieri e ai capipopolo, ai maestri del pensiero e ai geni dall’intuizione folgorante e fuori dal tempo. Lei era già avanti, prima, molto prima del Covid.

I vaccini, nella storia della medicina, hanno invece fatto più bene che male, molto più bene che male, debellando o arginando malattie che un tempo reclamavano vite anche giovanissime, oppure riducevano l’esistenza di moltitudini a un continuo tormento. Che qualcuno ci abbia guadagnato è fuor di dubbio, ma qualcun altro è stato capace di enorme generosità: Albert Sabin rifiutò di brevettare il suo vaccino contro la poliomielite (lo si assumeva depositandone qualche goccia su una zolletta di zucchero) rinunciando a potenziali guadagni per salvare quante più vite possibile.

Forse, chi applaudirà l’assistente Petrillo per non aver somministrato il vaccino ai bambini (se così il giudice stabilirà) vorrà credere in buona fede che anche lei ha salvato vite, che anche lei andrebbe eletta a benefattrice dell’umanità, a protettrice dell’infanzia. Invece, in quel gesto – anzi, nell’omissione del gesto – vedrà solo riflesse le sue paure, la sua sfiducia nella capacità di mutua assistenza dell’uomo, rifugiandosi nella cecità nell’inazione, alla quale vorrebbe apporre un sigillo nobile citando a sproposito il principio del “primum non nocere” ed evocando attraverso una certa discutibile mistica il potere curativo della natura.

I vaccini  fanno paura perché si somministrano a persone sane, grandi o piccole che siano: più facile accettare un aiuto quando il corpo è malato e invoca disperatamente un sostegno risolutivo. I vaccini rovesciano questo postulato e ci chiedono di curarci da sani: un atto di fiducia e, insieme, un invito alla cooperazione. Immersi come siamo ogni giorno in una cultura di sospetto e paranoia, di proiezione esterna del nemico causa di tutti i nostri problemi, non stupisce più di tanto che alcuni si sottraggano e, anzi, infliggano agli altri la loro inerzia intellettuale e sociale.

 

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