Il conduttore, che ha il nome della seconda declinazione latina, non conosce però la succitata lingua morta e, a mala pena, quella viva. Ma soprattutto, pur frequentando rapper, titoli stranger e affini, nulla sa dell’inglese per cui le gag, con Travolta prima e Crowe dopo, sono state esilaranti, degne del migliore De Curtis in arte Totò, ma il principe almeno recitava.
Us, invece, si prende molto sul serio e intrattenendosi con Il Gladiatore ha aperto la bocca soltanto per ridere, così facendo la figura del risus abundat in ore.
Chi lo veste per il festival deve essersi ispirato a un croupier di Vladivostok, dico delle giacche di vario tessuto e sempre pacchiane, ma questo è un dettaglio, ciò che spiazza è la professionalità di un direttore artistico che non va oltre thank you.
Prima di Sanremo si era separato dal suo procuratore, l’illustre Presta Lucio che gli aveva garantito la coppia Benigni-Mattarella, mica pizza e fichi. Ma Us è sicuro di essere ormai un uomo solo al comando, i media lo sostengono, rare le critiche salate invece riservate e indirizzate, al tempo, a Pippo Baudo e Mike Bongiorno, altra razza, altra scuola.
Mi verrebbe voglia di scrivere O tempora, o mores, temo però che queste ultime vengano confuse con i frutti di bosco. Non di riviera, ligure.