Spuntano striscioni, manifesti, cartelloni, post di solidarietà ogni giorno e ovunque. Si moltiplicano gli scioperi della fame accertati di vip e di gente comune, gli articoli di quotidiani, radio e tv locali in Trentino da dove Chico partì più un quarto di secolo fa. Si alza la voce degli zii incrollabili Vilma e Gianni Forti, che lanciano appelli quasi quotidianamente. Sbuca qualche interrogazione parlamentare senza che abbia risposta alcuna. Per il resto, il nulla più assoluto.
Il detenuto italiano abbandonato dalle istituzioni, vigorose nella propaganda quanto inette nel concreto, in carcere scrive poesie, come quella che ha buttato giù a Natale: “Veramente pochi fiori – scrive Chico Forti – rappresentano il concetto di resilienza come la Stella Alpina. Sopravvivendo a temperature sottozero, a forti venti di uragani, su suoli rocciosi. Per questo dedico la mia nuova poesia alla dissolvenza tra vecchi e nuovi anni, onorando la resilienza. Ora sto affrontando la fase finale di questo Iron Man lungo 22 anni, con la mia Maratona delle Termopili verso casa. Non importa se scritta o vocale, ogni parola ha un suono, ogni frase è uno strumento.
Una tragedia giudiziaria si è abbattuta come un uragano su una famiglia mite che ha un solo scopo, ormai, nella sua vita: far riabbracciare il figlio alla madre, 93enne. Le carte di trasferimento sono sparite, gli era stata accordata l’estradizione in assenza assoluta di possibilità di revisione del processo, ma la diplomazia è inesistente, salvo non si tratti del percorso inverso come nel caso di Amanda Knox.
Quello di Chico Forti resta un caso di cui la nostra politica deve vergognarsi, un caso per cui ogni italiano deve tremare perché in viaggio all’estero, qualsiasi cosa ti accada nelle grinfie della “giustizia” locale, sei condannato a restare solo, dividendo il senso comune di frustrazione e distacco per una classe dirigente sorda e insensibile. Fuori dai confini italiani, siamo soli con la nostra valigia e i rischi che corriamo.
A meno che qualche altra valigia si riempia di soldi per un riscatto, nel qual caso in aeroporto ci verranno a prendere presidenti della Repubblica, del Consiglio e di partito, per il rituale selfie, per una nuova montagna di retorica come esca da urna elettorale, per un nuovo effimero successo di incravattati che in verità se ne fregano. Dando appuntamento al prossimo Natale.