Si potrebbe suggerire al capo della Fifa l’introduzione dell’albero della cuccagna, del tiro alla fune, del ruba bandiera e della corsa con i sacchi, ormai è una gran festa, lui dice di sport e di solidarietà, io penso un casino totale, una sporca fiera del denaro, per prosciugare il fisico di atleti già impegnati nei loro rispettivi campionati e poi portati a viaggiare, non certamente da pendolari, tra una nazione e l’altra, con qualche problema meteo maccchissenefrega l’importante è fare cassa, aumentare il numero delle partite per provocare la montata lattea dei diritti televisivi.
La formula a dodici gironi da 4 squadre l’uno con le prime due promosse e un giro delle migliori otto terze, si preannuncia comoda per chi aspira ad esserci, il numero di 48 dovrebbe permettere, ad esempio, a Mancini e alla sua orchestra di poter partecipare, almeno stavolta dopo le ciofeche di Russia e Qatar.
Ma il Mondiale ha perso definitivamente il suo significato antico, è torneo aperto alla qualunque, con l’alibi di una democrazia e solidarietà fasulle perchè altrimenti sarebbe opportuno e giusto allestire il torneo in un paese africano, là dove vedono il calcio con il binocolo o cannocchiale oppure davanti al televisore ad accampamenti riuniti. In quei siti la Fifa dovrebbe portare la propria organizzazione, costruendo centri sportivi, stadi (piccoli), regalando palloni, divise, tute perché i miliardi che incassano a Zurigo non si sa mai bene dove finiscano e l’ultimo congresso, quello che ha portato all’annuncio del Mondiale, è stato allestito a Kigali, in Ruanda, territorio scelto dal governo inglese per trasferire i profughi clandestini. Fifa non conosce confini.