La dinamica dell’incidente: lui corre senza esitazioni in spiaggia, lega alla bell’è meglio due teli da mare, qualcuno dice anche i suoi jeans, entra in acqua per avvicinarsi il più possibile ai malcapitati e lancia il mezzo di soccorso improvvisato. Uno dei due ragazzini lo afferra e, insieme al suo amico, riesce a guadagnare la riva. Non è lo stesso per il nostro Vito, che invece viene risucchiato dalla risacca assassina e non ce la fa. Se avesse saputo nuotare si sarebbe salvato di sicuro. Passano ventiquattr’ore interminabili prima che il suo corpo senza vita venga recuperato, un tempo infinito in cui abbiamo sperato nel miracolo.
Non mi interessano le inchieste, né tantomeno le inevitabili domande del perché quei due si trovassero lì, non voglio ascoltare quel rumore insopportabile. Neanche mi vorrò informare sulla vita privata del coraggioso siciliano. Mi basta guardare i suoi occhi dolci, sono rapito dalla sua espressione serena che scorgo dalla foto che sta circolando. Mi fa riflettere su quanto il genero umano possa essere così sorprendentemente generoso. Non è vero che tutto è perduto. Il suo messaggio va diritto al cuore di chiunque e ci dà una boccata d’ossigeno, ci vuole dire chiaramente di non rassegnarci e omologarci agli orrori della vita. Lui è il perfetto contrappasso di quella malattia silenziosa e letale che si chiama indifferenza, che ci fa colpevolmente girare la testa dall’altra parte quando ci sarebbe bisogno di noi. Senza pensare a situazioni così estreme, anche solo quando dovremmo dire la nostra, tendere una mano, usare le parole giuste, condividere amichevolmente, ascoltare, far capire che ci siamo.
Fa niente se poi tireremo dritto per la nostra strada, perchè la vita inevitabilmente ci trascina via: ci accorgeremo però che non sarà mai più la stessa di prima, non foss’altro per i magnifici gesti dei Vito d’Italia.