UNA COSA CHE DIREI ALLE RAGAZZE-TAVOLINO

Dopo la donna di cioccolato in Gallura, ecco la ragazza-tavolino a Verona. Ha fatto il suo debutto in una cena di gala alla Gran Guardia, in piazza Bra, davanti all’Arena, per la festa dei 75 anni del Consorzio Zai che gestisce la zona industriale veronese.

Si tratta – ci viene spiegato – di “ragazze agghindate con una gonna a cerchio rigido, usata per appoggiare i calici di champagne, come fosse un tavolo”. Una di loro si è giustificata: “Basta politically correct, ho guadagnato 150 euro e nessuno mi ha sfruttata”.

Come sempre, anche questa volta, l’evento mette in atto l’incontro fra ciò che si è fatto vedere e ciò che è stato visto, fra la ragazza e i suoi osservatori.

La ragazza che ha enunciato la sua giustificazione è singolarmente “morale”: ho guadagnato 150 euro e nessuno mi ha sfruttata. Si potrebbe tradurre con il classico: “Che cosa ho fatto di male?”. Anzi, si dovrebbe aggiungere: ho fatto qualcosa di bene: ho guadagnato 150 euro. Ne avevo bisogno, mi servono. “Nessuno mi ha sfruttata” si può evidentemente tradurre con: “mica sono andata a letto con qualcuno…”. Morale singolarmente tradizionale: l’importante è non fare quella roba là. Fatto salvo il grande principio, si può fare tutto. Figurarsi se non ci si può vestire da tavolino. È la morale della nonna, questa.

Una morale un po’ più aggiornata, invece, dovrebbe prendere atto che oggi si è considerati non tanto per quello che è ma per quello che appare. Si reagisce, di solito, a questo modo di pensare che è una moda, dicendo che non si deve coprire quello che si è con un apparire farlocco. Si deve essere, coraggiosamente, se stessi. Ora, la ragazza di Verona non è un tavolino. Pretendere di apparire come tavolino e giustificarsi perché si sono guadagnati 150 euro, è un nobile lavoro per lei, ma una sottile forma di prostituzione per gli altri. Dissonanza totale fra quello che lei ha fatto vedere e quello che vi hanno visto gli altri.

Ancora una volta vengono in mente gli attacchi severi di Gesù nel vangelo contro gli ipocriti. Come noto, “ipocrita” significa, alla lettera, “attore”, colui che mette in scena qualcosa che non è. Il fariseo è ipocrita e si merita i rimproveri del Maestro, perché fa apparire una bontà che non c’è. Ma l’ipocrisia farisaica è solo una pietosa esagerazione: il fariseo vuole far vedere di essere buono anche se non lo è o anche se lo è solo qualche volta. La ragazza tavolino, invece, non esagera quello che c’è, dice di essere quello che non c’è per nulla e lo fa per portare a casa 150 euro. È un gesto perfino più degradante di una mascherata di carnevale. La maschera nasconde per divertirsi. Qui esibisce per guadagnare.

Insomma, se fossi papà o nonno di quella ragazza, penso che le suggerire di investire meglio, in altre direzioni e in altri modi, la sua fantasia.

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