SULLA CASTITA’ IL PAPA E’ PIU’ AVANTI DI TUTTI

“Nel cristianesimo non c’è una condanna dell’istinto sessuale”, il piacere sessuale “è un dono di Dio” e “la castità non va confusa con l’astinenza sessuale”. Così papa Francesco nell’ultima udienza del mercoledì. Il tema rientra nella serie di catechesi su “vizi e virtù”. Il tema dell’ultima catechesi era “la lussuria”. Le affermazioni del Papa hanno fatto notizia.

Si può stare sicuri: anche stavolta qualcuno dirà: “Ma queste cose le diciamo almeno da cinquant’anni. Niente di nuovo”. Vero. Sono cose già dette e anche oltre i cinquant’anni. Ma sono necessarie alcune sommesse precisazioni. Non tutti le dicevano cinquant’anni fa e oltre. Pare perfino che non tutti le dicano neppure oggi. E comunque è il Papa che le dice e questo cambia sensibilmente il senso di quelle parole.

L’affermazione più intrigante di papa Francesco è che la castità non va confusa con l’astinenza sessuale. Dunque, esiste una castità di chi ha rapporti sessuali, esiste una castità di coppia e una castità matrimoniale. Se si prende un’affermazione simile con una mentalità d’altri tempi si è portati probabilmente a pensare che la castità per chi vive una vita sessuale è questione di quantità. Insomma, per essere casti, bisognerebbe andarci con moderazione. Via difficile – oltre che ridicola – da percorrere anche perché papa Francesco, sempre nella catechesi citata, ha aggiunto che il piacere sessuale “è un dono di Dio”. Se è così perché dovrebbe essere un “dono” e per giunta “di Dio” solo se usato parsimoniosamente?

Molte volte si è cercato di capire la castità partendo, appunto, dalla astinenza dei rapporti, per cercare poi di far rientrare in quel concetto di castità anche chi i rapporti sessuali li ha. Ma, forse, la via migliore è quella che va in senso opposto. Non partire dal celibe per capire lo sposato, ma partire dallo sposato per capire il celibe.

Si deve allora ricordare che molti hanno cercato di capire la castità di chi vive una serena vita di coppia come l’esatto opposto dell’incesto. Può apparire curioso, ma è la via che ci viene suggerita dal vocabolario stesso. “Per incesto (dal latino incestum, “non casto”, “impuro”) o relazione incestuosa, si intende un rapporto sessuale fra due persone fra le quali esistano determinati vincoli di parentela o di affinità”. Così Wikipedia.

Dunque, l’impuro per eccellenza, il non casto, è l’incestuoso. Ma si deve notare che esiste un atteggiamento incestuoso anche ben oltre i rapporti fra parenti. Esiste tutte le volte che uno dei due partner non accetta l’altro come altro e tende a ridurlo a una miserevole fotocopia di se stesso. L’incesto è la paura dell’altro, insomma. E allora, se è così, di incesti ce n’è in giro tanti, anche fra persone che non sono parenti, tra persone che sono regolarmente conviventi, sposati, e magari pure sposati in chiesa.

La castità, detto in termini più generali, significa apertura, accoglienza, rispetto dell’altro, delle sue caratteristiche, della sua storia. I casti sono specializzati nel fare sintesi dove c’è diversità.

A questo punto la castità matrimoniale, o di coppia, può dire qualcosa, molto anzi, della castità del celibe. Il celibe è veramente casto se è di cuore aperto, generoso, disponibile… come lo sposato. Altrimenti non è celibe, ma semplicemente single o, peggio, scapolone, o zitella, che è tutt’altra cosa.

Ora, non è difficile fare mente locale e tirar fuori dal cilindro dei nostri ricordi immagini rasserenanti di preti o suore equilibrati, generosi, felici: dei celibi riusciti. Ma ci sono anche ricordi di preti e suore chiusi come in una armatura da antico guerriero, ringrugniti, petulanti…

Qualcuno, di fronte a spettacoli del genere, qualche volta sente dire: “Avrebbe fatto meglio a sposarsi”. No, assolutamente, la tristezza del celibe infelice sarebbe diventata la tristezza dello sposato infelice. Meglio non sposati, in quel caso. Lui è infelice, va bene, ma almeno non ha reso infelice anche lei. O viceversa.

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