SIGNORA MELONI, I SOLDI CONTANTI SONO COMUNQUE “PATOLOGICI”

Vorrei fare una domanda ai miei lettori: quanti di voi, negli ultimi tre mesi, hanno avuto occasione di fare un acquisto di un bene o di un servizio per diverse migliaia di euro in contanti? Vi è capitato di avere difficoltà a pagare, che so, una vacanza da 7.500 euro con la carta di credito o 3 mesi d’affitto con un bonifico, un assegno o un altro strumento bancario? E se vi è capitato di incontrare resistenze per far accettare questi strumenti, vi siete chiesti il perché?

Se vi hanno opposto il costo delle commissioni, o che, guarda caso, proprio oggi il Pos non funziona, sapete già che è una bugia: costa di più andare in banca a versare i soldi. A meno che uno non voglia tenere i contanti sotto il materasso.

E allora sorge un’altra domanda: perché qualcuno prova un’irresistibile attrazione verso il denaro nella sua forma fisica, verso monete e banconote? Per riempire il forziere e tuffarsi come Uncle Scrooge – Zio Paperone? E se invece fosse per la preferenza a non lasciare traccia dei passaggi di denaro? È possibile, anzi probabile. Anzi, molto probabile.

Ma cosa c’è di male a non voler far sapere a nessuno quanto è costato quell’elegante collier regalato alla moglie (o all’amica, scegliete voi)?

Per alcuni, evidentemente anche per il nuovo governo Meloni, che vuole rimuovere il tetto dei 1000 euro (da gennaio), questa è semplicemente una delle tante declinazioni della libertà: con i miei soldi faccio quello che voglio. Certo, ma non è che se usi uno strumento tracciabile oltre una certa soglia sei privato di una libertà economica fondamentale.

Nessuno pensa che ogni versamento di banconote nasconda necessariamente… qualcosa da nascondere. Ma, detto questo, il desiderio di non lasciare traccia non può non destare sospetto. Sospetto, dico, indizio, non prova, di motivazioni inconfessabili. Per esempio, occultare un tenore di vita incompatibile con lo stipendio di impiegato del catasto o dell’Ufficio Licenze del Comune? Incassare un compenso lavorativo senza superare la soglia Isee per continuare a ricevere il reddito di cittadinanza o altre provvidenze? Riscuotere la “tangibile gratitudine” per un favore reso nell’ambito della propria funzione lavorativa, pubblica o privata, per esempio in qualità di addetto dell’ufficio acquisti o di responsabile del controllo qualità di un prodotto? Pagare i servigi di un killer professionista perché ammazzi la suocera o il rivale in amore o sul lavoro?

Noterete che ho attentamente evitato l’esempio più classico: pagare in nero un artigiano o un professionista per evitare l’addebito dell’Iva. Perché ridurre il tema dell’uso del contante al solo rischio di alimentare l’evasione fiscale è, appunto, riduttivo. E non è neanche dimostrato il legame fra circolazione delle banconote ed evasione. L’area grigia del malcostume o, peggio, della delinquenza che può celarsi dietro transazioni monetarie invisibili è vastissima e va ben al di là della mia scarsa fantasia. So perfettamente che non basta tracciare tutti i pagamenti per sconfiggere malcostume, criminalità ed evasione fiscale. Però aiuta, mette dei granellini di sabbia negli ingranaggi dell’illegalità.

E quindi ecco la conclusione. Naturalmente non può essere la conclusione grossolana ed eccessiva secondo cui alzare (non eliminare!) la soglia di utilizzo del contante sarebbe un regalo alle mafie, un incentivo all’evasione fiscale, un segnale di “liberi tutti”. Anche chi è contrario alla misura dovrebbe esercitare l’arte della riflessione e della critica articolata e costruttiva.

No, la conclusione è che il limite all’uso del contante è sicuramente una (piccola) compressione della libertà di ciascuno di noi. Ma dà un contributo al contrasto di fenomeni patologici. In fondo, questa è la regola di base della convivenza civile: ricercare il difficile equilibrio fra libertà personali e benefici sociali. Anche io, che di solito inclino più verso le prime, ritengo che vietare grossi pagamenti in contante sia una modesta limitazione individuale a fronte di un apprezzabile vantaggio collettivo.

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