LA SUPREMA INGIUSTIZIA DEL PROF RADIATO PER REATO D’AMORE

Forse non lo sai ma pure questo è amore. Era soltanto amore, alla fine questo era, soltanto amore, qualunque cosa significhi, e nessuno in fondo sa dire, nemmeno del proprio.

C’è questo insegnante, ora quasi trentacinque anni, allora ventinove, che si innamora, si invaghisce, perde la testa, l’espressione adatta arriva come la combinazione del lotto, bravo chi la indovina. Non riesce insomma a porre un freno alla passione che lo travolge, come travolge la studentessa diciassettenne che di lui si invaghisce.

Lui dovrebbe controllarsi, fa parte della dotazione professionale, non ce la fa. Vuoi perché in quel momento è debole, vuoi perché, semplicemente, l’attrazione è fatale, come lo è per lei. Accade quel che accade, quel che è inevitabile accada. Nessuna violenza, nessuna prevaricazione, solo amore vorrei dire, magari solo una parentesi d’amore, ma quello.

Succedeva dalle parti di Milano, qualche anno fa, a tutti importa sapere esattamente dove, a me francamente no. M’importa che il giovane insegnante, dichiaratamente devoto alla professione, non potrà più insegnare.

La legge glielo proibisce e la legge è legge. Lui è reo confesso e ammette la colpa, ammette di aver perso il controllo e di essere venuto meno ai propri doveri e alla responsabilità che il ruolo comporta.

Io sono sinceramente dispiaciuto, perché in fondo era solo amore. Ha sbagliato, è caduto, non ha saputo resistere, ma era solo amore, dove solo è l’attenuante per eccellenza, solo amore, in fondo una delle poche cose che contano.

La pena è l’inibizione all’insegnamento, il luogo è la scuola, dove insegnanti che hanno usato violenza e hanno seviziato bambini e ragazzi, dopo una prima sospensione, hanno potuto ritornare all’esercizio delle loro funzioni. Nel Paese che nell’amministrazione pubblica tollera i furbetti del cartellino, tollera i dipendenti col doppio lavoro, tollera gli assenteisti cronici, soprattutto tollera l’incompetenza e l’apatia nei confronti della propria funzione.

Però non tollera l’amore. Non voglio dire che l’insegnante non meriti rimbrotti, reprimende e contrappassi, persino punizioni, ma l’inibizione perenne a insegnare non la posso tollerare io. In un’Italia che di fatto ha abolito qualsiasi pena senza scadenza, per di più.

In questo Paese si può essere totalmente inetti nell’insegnamento, totalmente incapaci di tenere in pugno una classe, totalmente ignoranti in materia, qualsiasi materia, magari essere persino violenti, e continuare a insegnare. Ma non si può inciampare e innamorarsi di una studentessa diciassettenne.

Questa è la quintessenza dell’ipocrisia italiana, ci si provi a licenziare un dipendente dell’amministrazione pubblica, qualsiasi efferatezza abbia compiuta. Impossibile o quasi.

Ma basterebbe che l’efferatezza fosse l’amore, quello vero, allora sì avremmo giustizia.

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