SE ALMENO NON BESTEMMIASSERO DANTE

La destra e la sinistra non ci sono più, non più come una volta almeno, ci dicono gli analisti e viene difficile dar loro torto. Vale in Italia come nel mondo, al punto che non è facile ad esempio dire se Cina e Russia siano regimi di destra o di sinistra, ammesso che i regimi non democratici possano essere uno o l’altro.

Eppure la rivendicazione del proprio ramo di Parlamento è ancora viva e vegeta, non sanissima di mente, ma viva. Essere da una parte o dall’altra non è la stessa cosa, anche se l’acrobatico destreggiarsi di qualche saltimbanco potrebbe indurre a credere il contrario.

Si prenda ad esempio Alberto Veronesi, noto direttore d’orchestra figlio di tanto padre, l’oncologo Umberto Veronesi. Nel giro di pochi anni, pochissimi, con nonchalance ha attraversato lo spettro delle candidature possibili passando dal Pd a Fratelli d’Italia, con puntate anche dalle parti del terzo polo, qualunque cosa il terzo polo significhi e in genere significa molte cose.

Lui dice di aver cambiato idea e rivendica la sua libertà. Poi dice anche di aver “allacciato un bel rapporto con Ignazio La Russa e Daniela Santanché”, i quali vanno spesso in Versilia dove lui ha la seconda casa, e tra uno champagnino e l’altro la traversata viene facile e indolore. Twiga power lo chiamano.

Non è un’eccezione il signor Veronesi, la percentuale dei transfughi nel corso delle legislature di solito è in aumento costante, persino il discusso Soumahoro ora è già passato da sinistra al gruppo misto, in attesa di capire che aria tira e capire dove accomodarsi, immagino, sempre che non trovi più confortevole e rilassante la terra di nessuno.

Eppure le rivendicazioni di appartenenza non mancano, a partire dall’accaparramento degli intellettuali e degli artisti, blando retaggio anni ’70, pur senza le barricate e gli aut-aut di allora, e per fortuna. Pasolini è sempre uno dei più gettonati e tutti indistintamente accampano diritti, De André non parliamone ma è proprietà privata, ironia della sorte, Tolkien di destra, per forza, ma sono giusto tre esempi, a significare che per qualcuno stare da questa o da quell’altra parte ancora è un vessillo.

Al punto che pure Dante, quel Dante, si ritrova con la tessera di partito senza averne fatto richiesta. Il ministro della Cultura (di cosa sennò) Gennaro Sangiuliano non ha dubbi, Dante non solo è di destra, ma sarebbe il “fondatore del pensiero di destra”.

Si rivendica e si cercano supporti per ponteggi precari, per i lavori in corso, ma una cosa è pacifica: quando per far valere le proprie idee e per avvalorare le proprie posizioni politiche si sente il bisogno di scomodare un italiano vissuto a cavallo tra tredicesimo e quattordicesimo secolo, il passo è talmente smisurato da non saper cosa pensare: fiato corto, grandeur, presunzione certamente, oltre a una gran penuria di pensatori di riferimento coevi, evidentemente.

È pur vero che la sinistra in passato ha fatto di più e forse peggio, importunando nientemeno che Gesù Cristo, passando dal ruolo di mangiapreti all’idea che in fondo il nazareno sia stato il primo comunista della storia. E il migliore, in effetti.

Puoi stare da una parte, puoi stare dall’altra, puoi stare un po’ qui e un po’ là, ma ovunque tu decida di stare, le guide spirituali le puoi trovare dove ti pare, purché siano morte e non abbiano diritto di replica. Non ci sono più le ideologie dicono, ma sarà vero? Magari vanno solo al passo coi tempi, come si conviene, fluide.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *