SALVINI PROPRIO NON CE LA FA

Le sentenze le fanno i giudici e le pagnotte i panettieri. Non so chi faccia i politici: quale sia il cursus honorum che li porti a sedere in Parlamento o in un Governo, oppure che titoli occorrano per dirigere un Paese come l’Italia.

Qualche volta, ascoltando Salvini, verrebbe da rispondere: nessuno. Anzi, si potrebbe pensare che un titolo purchessia, un qualche merito intellettuale, debba rivelarsi d’ostacolo al raggiungimento dell’agognata meta. Perché, onestamente, da uno che fa il ministro, mi aspetterei qualcosa di più della risposta che ha dato, a proposito della morte di Naval’nyi: quel tipo di risposta, catalogabile sotto l’acronimo GAC, il cui scioglimento lascio all’arguzia del lettore, rientra nei casi più eclatanti di ovviologia escapista. Anzi, meriterebbe di figurare nel dizionario delle ovvietà sceme, se quest’opera, tanto necessaria oggidì, fosse stata scritta e pubblicata. Perché, lasciatemelo dire, di fronte a un evento come quello di cui parliamo, commentare dicendo che le sentenze le fanno i giudici è veramente sotto il minimo sindacale.

Il Nostro, che, ultimamente, brilla soprattutto per i suoi clamorosi salti della quaglia e le sue gaffes, dice di capire benissimo il rammarico della vedova dell’oppositore russo, ma che, fino a una sentenza passata in giudicato, non possiamo essere certi che si sia trattato di un omicidio. Che è una risposta talmente tipica della pochezza intellettuale dei nostri politici da essere diventata una sorta di formula rituale: un coscienzioso miscuglio di pusillanimità e di mancanza di fantasia, si direbbe. Magari lo chiamano garantismo, per fare bella figura.

Ve lo immaginate un politico di cento anni fa che, di fronte al delitto Matteotti, avesse commentato allo stesso modo? Magari Matteotti è morto di polmonite: nei boschetti intorno alla Capitale, di sera, tira un venticello… E, comunque, aspettiamo il giudizio della magistratura: le sentenze non le fa mica l’Aventino!

Insomma, Salvini, cosa le occorre per sbilanciarsi un tantino o, perlomeno, per dimostrare un po’ più di creatività nel “mirror climbing”? C’è un oppositore di una specie di tiranno, abituato ad ammazzare chiunque gli dia fastidio: il socio di questo oppositore, infatti, è stato ucciso nel 2015. L’oppositore decide di tornare in Russia, dichiarando di essere ben conscio di ciò che rischia: viene arrestato, trasferito in Siberia e, poco dopo, muore, pur essendo giovane e sano come un pesce. La vedova denuncia la cosa e parla scopertamente di avvelenamento da Novichok, ovvero l’agente nervino con cui Naval’nyi era già stato avvelenato una prima volta. E Salvini, già piuttosto criticato e deriso per le sue magliette con su il faccione di Putin, cosa fa? Ci ricorda che le sentenze le fanno i giudici.

Il che è lapalissiano, ma anche un tantino generico: rammento ai distratti che le condanne a morte per i ragazzi della “Rosa Bianca” le hanno pronunciate dei giudici. Un giudice (e Salvini, che ha ampiamente criticato i giudici che si sono occupati dei suoi processi, dovrebbe saperlo bene) opera secondo l’ambito legale del proprio Paese: è, in un certo senso, strumentale al potere. Dati i precedenti, è lecito ritenere che un giudice russo, che tenga alla propria pelle, sarebbe piuttosto restio a condannare Putin per la morte di Naval’nyi, non vi pare?

Ma Salvini non ragiona così: ha in tasca un taccuino su cui si è segnato le risposte giuste per tutte le domande e si regola con quello. L’Europa, la Palestina, la Russia e l’Ucraina: per tutto, Salvini ha una risposta GAC. Una volta, si esprimeva con le felpe: oggi con le frasi fatte, ma il risultato non cambia.

L’impressione che se ne deriva è quella di un politico che non sappia cosa dire né cosa pensare: che si incarta sui propri clamorosi controsensi, tra clandestini, autonomia, filoputinismo, sovranismo. Uno che litiga con se stesso e che, per limitare i danni, si attiene scrupolosamente a un canone da scuola elementare, sperando, immaginiamo, che nel suo elettorato non abbondino i PhD.

Così, di fronte a un omicidio che scuote la coscienza civile del mondo intero, la chiosa salviniana è che saranno i giudici a giudicare. E i panettieri a panificare, appunto.

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