RENZI GIA’ STUFO ANCHE DI INSEGNARE GIORNALISMO

Come un allenatore qualunque, Matteo Renzi abbandona l’incarico in anticipo. Lascia la direzione editoriale de “Il Riformista” e si dedica esclusivamente alla politica.

In molti avrebbero preferito il percorso inverso ma così vanno le cose della carta stampata, in crisi serissima. Renzi non è giornalista anche se del settore si è occupato così come il settore di lui sa tutto e molto di più.

Il suo annuncio roboante, nel maggio dello scorso anno, rientrava nel repertorio tronfio dell’ex primo ministro, ex segretario del piddì, ex dimissionario della politica, ma onnipresente e onnidicente come si compete a un toscano. Arrivava lui al “Riformista” e subito avvertì che niente nel giornalismo sarebbe più stato come prima, ci avrebbe fatto vedere lui. Otto mesi, la rivoluzione – la lezione – è durata otto mesi.

“Il Riformista” passa a Barbano, un salentino “picciuso” che si occupa di football e ha occupato un ruolo principe al “Corriere dello Sport” accanto a Zazzaroni direttore.

Renzi non lascia traccia e memorie particolari, la svolta editoriale non è stata segnatala nemmeno tra i parenti stretti, le vendite sono quelle che sono per qualunque foglio, quelli di partito, corrente, movimento, potrebbero ricorrere al ciclostile e il risultato sarebbe identico. Non si hanno memorie di editoriali storici, di scritti che abbiano provocato uno “sciak” e nemmeno un “bicòs”, la vita del fiorentino proseguirà nei dibattiti tivvù e in quelli del Senato della repubblica, là dove, però, non ci sono i correttori.

Al tempo dell’assunzione proclamò “Io non lascio, raddoppio!”. Meno di un anno dopo, lascia e dimezza.

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