POVERA ITALIA, SE UN GRANDE ALLEVATORE DEVE CHIUDERE PER UNA STRADA COSI’

Alcuni giorni fa la testata “Vivienna” riportava il post che Massimo Fabio, allevatore e produttore siciliano di formaggi tipici, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook.

Il post in questione annunciava il deposito della licenza commerciale relativa all’attività agricola del nostro allevatore alla Prefettura di Messina, a causa dell’impraticabilità dell’unica via di accesso che collega diverse aziende agricole, tra cui la sua, con i comuni di San Teodoro e Cesarò.

La strada in questione fa parte del tragitto che Massimo Fabio percorre, per spostarsi quotidianamente da Troina, dove risiede insieme alla famiglia, fino alla sua azienda.

Massimo Fabio è un agricoltore “illuminato”, la qualità e le innovazioni dei suoi prodotti gli consentono di esportare e vendere facilmente tutta la sua produzione a una clientela disposta a premiare queste caratteristiche con un prezzo soddisfacente.

Il suo è quindi un gesto che esula da difficoltà economiche o di mercato.

Il nostro amico alleva animali appartenenti al patrimonio di agrobiodiversità siciliana: Capre Argentate dell’Etna, Vacche Cinisare e Modicane, a testimonianza di un amore per la sua terra e di una volontà ferrea di tutelare e valorizzare le ricchezze del territorio.

Massimo Fabio

Lo abbiamo sentito per farci spiegare i motivi che lo hanno indotto a questo gesto tanto eclatante, quanto “necessario”.

L’idea di questo segnale nasce dalla necessità di sensibilizzare le istituzioni preposte (si, ma quali?) affinchè provvedano a fare quanto dovuto: lo stato attuale della viabilità in Sicilia spesso non permette neanche di recarsi nel proprio posto di lavoro.

E non è un problema di reperimento di risorse finanziarie.

Massimo ci spiega che sono già stati esitati due bandi per il ripristino della strada che conduce alle aziende agricole della zona, ma i risultati concreti di questi lavori sono di là da venire: ad oggi sono stati effettuati pochi e insufficienti lavori che non consentono una viabilità decente.

Gli agricoltori, soprattutto quelli siciliani, già provati da eventi climatici estremi (siccità, temperature elevate, inondazioni, etc.), dalla natura (scorribande di cinghiali), dalla demenza umana (incendi), non avvertono il bisogno di un aggravio delle proprie difficoltà, soprattutto se dovuto alla palese inettitudine di una classe dirigente che non solo non aiuta le aziende, ma riesce a costruire ostacoli alla loro normale attività.

Il problema dello scarico delle responsabilità acuisce, se possibile, i problemi.

Ad esempio l’eliminazione delle Provincie senza aver previsto un efficace passaggio di consegne ha aggravato i problemi infrastrutturali dei territori: un collaudato sistema di “scaricabarile” aggrava i comuni disagi.

Non è infatti un problema limitato all’accesso dei proprietari nelle proprie aziende, ma è un vero e proprio disastro allargato all’impossibilità di accesso di fornitori, clienti, visitatori, etc.

Attualmente ci sono allevatori che devono provvedere in proprio al trasporto del latte appena munto per l’impossibilità dei mezzi correntemente utilizzati a recarsi nelle stalle.

È questo il futuro che si prospetta per gli agricoltori?

Il nostro amico era particolarmente amareggiato anche per il disinteresse istituzionale con cui era stato accolto il suo gesto: ad oggi non risultano prese di posizione o tentativi di dissuasione da chi ha materialmente ritirato la licenza.

Questo gesto doveva provocare quantomeno un’indignazione generale, ma invece rischia di cadere nel dimenticatoio.

Viene il sospetto che questo stato dell’arte sia frutto di un’operazione condotta a tavolino il cui scopo finale è l’annientamento della passione e della volontà degli agricoltori a proseguire il loro fondamentale lavoro.

Gli imprenditori agricoli, in questo periodo storico, sono oggetto di una martellante campagna di proposte di affitto o vendita dei terreni agricoli a prezzi allettanti per insediare impianti fotovoltaici, sicuramente redditizi (per le aziende energetiche), ma altrettanto devastanti per la sovranità alimentare di questo Paese (sempre che a qualcuno interessi) e per la salvaguardia del territorio.

Speriamo che qualcuno si svegli prima che la Cina di turno detti le condizioni per imporci cosa mettere sulle nostre tavole.

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