MONTE BIANCO, LA GRANDE OPERA DEL LAMENTO PREVENTIVO

Il traforo del Monte Bianco chiude dal 4 settembre al 18 dicembre per un profondo ammodernamento e una messa in sicurezza, i lavori si ripeteranno ogni anno fino al 2040, sempre nei periodi autunnali-invernali. Già i titoli dei giornali parlano di un’ Italia del Nord che trema e vacilla, la Confindustria locale pensa bene di annunciare un 10% di perdita del PIL della Val d’Aosta, un 5% per il Nord-Ovest, e Federalberghi insieme a Confcommercio minacciano un -30/40% delle presenze e del giro d’affari.

Il solito vizio atavico e italico di lamentarsi e chiedere i danni ancora prima di ragionare con la propria testa. Fateci caso: le prime reazioni a qualunque cosa succeda di strano sono presentare all’istante dei conti. Mi piacerebbe conoscere gli uffici studi della varie associazioni che, immagino, lavoreranno h24 cercando non solo formule automatiche così da poter affermare “io l’ho chiesto per primo, così negozio meglio”, ma anche fiutando occasioni speciali per alzare la voce. Intendiamoci, non sono cose sbagliate in assoluto, ma il tempismo e la teatralità senz’altro sì, perché spesso spostano il punto dalle cause e dalle possibili soluzioni alla spettacolarizzazione personalizzata.

Nel caso del mitico tunnel nazionale, inaugurato nel 1965, io griderei di gioia, invece. Diciamo sempre che aspettiamo il morto per mettere in moto la lentissima macchina della prevenzione, adesso che qualcuno ci sta pensando magari in anticipo, lo lapidiamo. Dopo il crollo del Ponte Morandi, costato la vita a quarantatré persone, dovremmo davvero essere grati che qualcuno si preoccupi della nostra sicurezza. Disagi enormi ce ne saranno ovviamente a iosa – anche se ci sono alternative decenti come il tunnel del Frejus o del Gran San Bernardo, senza considerare i passi del Piccolo San Bernardo o del Col des Montets -, nessuno ride, specialmente gli autotrasportatori. Però, se pensiamo al recentissimo campanello d’allarme costituito dalla frana sulla tratta ferroviaria in Savoia della Milano-Lione, qualche dubbio ce lo possiamo legittimamente far venire.

Basterebbe pensare all’immensa tragedia del ’99, quando sono arse vive come topi senza scampo trentanove persone dentro il traforo incandescente, un numero sinistramente vicino alla vicenda del ponte genovese di quasi vent’anni più tardi, a causa di un autoarticolato carico di farina e margarina che s’incendiò improvvisamente. Proviamo a chiedere ai parenti di quelle vittime cosa ne pensano della sicurezza delle nostre strade, ponti, viadotti e tunnel. Non è un caso che, tra i lavori previsti, ci siano anche la sostituzione di alcune coperture con materiali più resistenti al fuoco per un migliore drenaggio delle acque, 74 nuovi grandi ventilatori e un rinnovato impianto di illuminazione. C’è solo da essere contenti che ci muoviamo per tempo, che prima dell’economia della zona ci si preoccupi della vita dei passeggeri, che finalmente anche nella bistrattata Italia si riesca a mettere a terra un serio piano di manutenzione ma, soprattutto, di prevenzione. Queste sono, secondo me, da considerarsi Grandi Opere, quando si antepone agli Interessi, l’Uomo. Nessuna frazione infinitesimale del PIL vale una vita umana. Questo è il Belpaese che sogniamo.

Fatevene una ragione, amministratori locali di ogni latitudine, sbraitate quanto volete e sgolatevi davanti ai microfoni, incatenatevi pure a Palazzo Chigi: questa sembra la volta buona che nessuno vi ascolterà e tifiamo che si tiri dritto senza alcun compromesso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *