L’UMANITA’ SULL’ORLO DEL BARATRO Q* (SEMPRE PER SOLDI)

Che cosa dovrebbe fare un’azienda responsabile se scoprisse che il proprio manager più importante, quello con i maggiori poteri, sta spingendo per la commercializzazione di un prodotto “potenzialmente pericoloso per l’umanità”? Così sui due piedi diremmo che sarebbe il caso di licenziarlo, e in fretta anche, badando per di più che non si porti via di nascosto la ricetta del summenzionato prodotto.

E’ quello che appunto è accaduto a Sam Altman, genio informatico di appena 38 anni e Ceo di OpenAI, il laboratorio di studio e sviluppo dell’intelligenza artificiale che, con il lancio del chatbot ChatGPT si è posto all’assoluta avanguardia nel settore.

Licenziato, Altman, per aver spinto a quanto pare la pubblicazione del Progetto Q* – scritto proprio così -, un’evoluzione dell’intelligenza artificiale di straordinaria importanza ma anche da maneggiarsi con cura: gli effetti collaterali della sua applicazione, dicono molti esperti, sarebbero tali da rappresentare una minaccia per l’umanità come oggi la conosciamo, ovvero una cosa tutt’altro che perfetta, in alcuni ambiti perfino schifosa, ma alla quale abbiamo finito per affezionarci.

Problema risolto, dunque? Niente affatto. Neanche il tempo di recarsi all’ufficio di collocamento che Altman nel giro di quattro giorni è stato richiamato. Scusi tanto, ci abbiamo ripensato: che ne direbbe di riprendere il posto da presidente alla testa di un consiglio completamente rinnovato? I media di settore sostengono come il “golpe” degli scrupolosi, quelli che hanno voluto la testa di Altman in seguito alle sue decisioni spericolate, si sia ritorto contro di loro. Gran parte degli investitori che appoggiano OpenAi, ufficialmente un’organizzazione no profit, avrebbero minacciato di andarsene se Altman non fosse stato reintegrato. In sintesi, aggiungono i media, la battaglia tra etica e profitto è stata vinta da quest’ultimo, e senza ricorso al Var. Il Progetto Q* prometterebbe vantaggi economici tali che tutti, nel settore, desiderano si passi presto alla fase applicativa (e alla distribuzione sul mercato) perfino quando questa, come è stato detto, comporta rischi per l’umanità.

Sembra di essere in uno di quei film d’azione in cui James Bond, o chi per lui, all’ultimo secondo interviene per disinnescare un ordigno capace di cancellare la Terra dal sistema solare. La differenza è che in questo caso Bond è stato costretto a far finta di niente.

Per spiegare che non si tratta di uno scherzo, e tantomeno di un film, occorre chiarire perché il Progetto Q* fa tanta paura. In esso è contenuto un avanzamento tecnologico epocale, ovvero il balzo da quella che gli esperti chiamano AI (Artificial Intelligence) alla nuova AGI (Artificial General Intelligence). Il Progetto Q* è in grado di risolvere semplici problemi matematici in modo autonomo, indipendentemente dai modelli impiegati per “addestrarlo” (come invece avviene per ChatGPT). In altre parole, il ProgettoQ* alla soluzione “ci arriva da solo”, tagliando fuori il contributo umano. La preoccupazione a questo punto è lampante: libera da ogni guinzaglio, l’intelligenza artificiale sarebbe difficile da controllare e le sue “decisioni” impossibili da prevedere. E’ la realizzazione concreta dell’incubo più sfruttato dagli autori di fantascienza: il dominio delle macchine, non più solo culturale, ma pratico e potenzialmente letale.

Riesce più difficile, a questo punto, ridere o anche solo sorridere di fronte a scenari che, in passato, abbiamo sempre trovato un poco fantasiosi, seduti come siamo sulla convinzione che l’uomo è forte della sua ragione e che debba temere, in fondo, soltanto la sua stupidità. Ora, invece, stiamo per cedere i comandi a qualcos’altro, si chiami esso “Alien”, “Frankenstein” o “Progetto Q*”. Se fosse un film, potremmo dire di averlo già visto. Siccome è la realtà, ne vedremo delle belle.

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