L’ITALIA DELLA SANTANCHE’ E DELLA FERRAGNI, UNA PIZZA

Ha suscitato scandalo, riprovazione e aspro sarcasmo – tre cose che la Rete ama molto – la campagna promozionale del Ministero per il turismo lanciata sotto lo slogan “Open to meraviglia”. Un po’ per il costo – 9 milioni di euro -, un po’ per la scelta della testimonial – una Frankenstein virtuale formata dalla testa della Venere di Botticelli sul corpo di Chiara Ferragni -, un po’ per il raffazzonato mosaico di panorami italici che la accompagnano, e parecchio per lo slogan stesso, da molti definito “bruttura linguistica”.

Su questo punto credo ci sia un fraintendimento. Lo slogan è certamente brutto – per quanto in armonia con il carattere di collage anatomico dell’intera campagna – se per lingua intendiamo quella del Petrarca. Se invece ci riferiamo ai versi di altri sommi poeti, allora siamo decisamente a cavallo. Quali versi? Questi, per esempio: “When the moon hits your eye / Like a big pizza pie / That’s amore”.

Dean Martin li intonò a partire dal 1953 in uno dei suoi più grandi successi che, attraverso la sua voce ben lubrificata, presentava al pubblico americano l’idea di un’Italia formata dall’impasto di cibo e romanticismo, buon vino e chiari di luna. L’ibrido tra italiano e inglese era nato ai tempi dell’occupazione angloamericana nella Seconda guerra mondiale per trasferirsi immediatamente al cinema del neorealismo (“Paisà”) e atterrare infine sulla musica leggera. Come dire: dalla tragedia all’arte per finire in folklore.

Lo ritroviamo oggi nell’idea di “Open to meraviglia” proposta al mondo dal Ministero per il turismo. Chi ha creduto che l’Italia potesse svincolarsi dagli stereotipi più abusati, se ne faccia una ragione: il Ministero diretto da Daniela Santanché ha dato l’imprimatur, l’Italia è la nazione della pizza e del mandolino, delle gondole e della torre di Pisa, icone alle quali va aggiunta, oggi, la sola Chiara Ferragni, alla quale tocca l’onore e l’onere di sostituire Sophia Loren – e, forse, Monica Bellucci – nell’immaginario mondiale del femminile italiano.

Qui sul lago di Como, da dove scrivo, abbiamo apprezzato che il nostro panorama sia stato incluso tra quelli più rappresentativi, anche se molti hanno fatto notare che la pizza, gustata da Venere-Chiara nell’immagine che la vede sovrapposta a una veduta di Bellagio, non è propriamente una specialità lariana. Sappiamo però che l’agenzia pubblicitaria non intendeva affatto promuovere il lago di Como in sé, ma il lago di Como come parte di un tutto, ovvero di un sogno (o un incubo) d’Italia già presente nell’inconscio globale, sogno che attendeva solo di essere confermato ufficialmente. L’Italia, dunque, come una pizza capricciosa sulla quale ingredienti incongrui sono sparsi a casaccio da Nord a Sud, da Est a Ovest: l’importante è che il risultato finale coincida con le convinzioni – vaghe ma radicate – che il pubblico internazionale ha già maturato sul nostro Paese. E di cui la Rete è testimone e, insieme, veicolo principale: basta vedere cosa mostrano e dicono “youtuber” e “streamer” vari dell’Italia. Cibo, moda, panorami e arte intesa come possibilità di momenti “instagrammabili”.

Se qualcuno ha dell’Italia un’idea diversa, dell’arte un concetto più elevato e del cibo una concezione più rigorosa e legata alla storia e alle tradizioni locali, se ne faccia una ragione. Per quanto si parli fino alla nausea di territorio, autonomie, specificità e salvaguardie varie, il risultato è questo: un pastone più o meno omogeneo e indistinto, forse indigeribile ma certamente vendibile all’estero. Un risultato diverso si sarebbe forse potuto ottenere pensandoci prima, collaborando tutti alla formazione di un’identità nazionale che, invece, è stata traballante fin dai primi passi.

Il grande flusso migratorio verso l’America, incominciato intorno alla metà del XIX Secolo, non vide partire dalle nostre sponde degli italiani. Gli emigranti erano invece lombardi, veneti, campani e siciliani. Italiani lo diventarono in America, costretti dalla pressione circostante di altri gruppi, come gli irlandesi, i polacchi, i tedeschi e gli africani. Qui, forse, italiani non lo siamo diventati ancora del tutto, ed ecco che dobbiamo accontentarci di essere quello che gli altri ci impongono di essere: Veneri-influencer affamate di pizza dalle Dolomiti a Lampedusa.

L’effetto è quello, surreale, dei panorami che vediamo nei rebus della Settimana Enigmistica, dove una lavandaia convive con un capitello, l’asso di picche e un’oca. A differenza del giochino enigmistico, non c’è soluzione né coerenza. Solo un’idea, trita ma inossidabile, di marketing. A noi non resta che consolarci, tornando ai versi del sommo poeta di cui sopra il quale, ricordiamolo, al colmo dell’ispirazione ammoniva gioiosamente: “Bells will ring / ting-a-ling-a-ling ting-a-ling-a-ling / And you’ll sing vita bella”.

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