LACRIME IN TERRAZZA SENTIMENTO

Sono lontanissimo da mondi come quello che viene fuori dal racconto di Alberto Genovese, tra droga e violenze sessuali. Rischio quindi di non capire e di liquidare tutto con semplificazioni eccessive. D’altronde gli eccessi di cui il processo parla giustificherebbero agli occhi di molti di noi il fatto di liquidare tutto con severe reprimende morali. Si può anche giudicare, ma solo se, prima, si è cercato di capire, nonostante tutto.

Intanto impressiona il senso di estraniazione che il protagonista sente nei riguardi dei fatti. Fa fatica a dire che cosa ha sentito allora e perfino che cosa è davvero capitato. Per l’uso eccessivo di sostanze stupefacenti non era più in grado di percepire il dissenso eventuale di una ragazza che l’ha accusato di violenza sessuale. Se non è strategia difensiva, viene da pensare che i mondi dorati di queste persone “arrivate” e ricchissime siano anche mondo posticci, fluidi. Alberto Genovese solo ora capisce che cosa significa assumere droga. Ma ora si trova in una comunità per ricupero tossicodipendenti. Bisogna uscire da quei mondi per capirli. Si rischia di “volare via” non solo nel momento in cui si assumono droghe, ma di volare via sempre. Si è costruito uno stile di vita, una vita volatile.

Inquietante, poi, il rapporto stretto che Alberto Genovese ha stabilito fra droga e ricchezza. Ha incominciato a drogarsi quando ha incominciato a diventare strepitosamente, facilissimamente ricco: era diventato un imprenditore che incassava “decine e decine di milioni”. La ricchezza l’ha destabilizzato e la droga è diventata il segno più vistoso di quella tragica destabilizzazione.

Qui forse è consentita una qualche deriva moralistica. Il denaro facile crea mondi alternativi, tanto più alternativi quanto più facile è il denaro. Si lamenta spesso l’anomalia di una finanza che arricchisce senza creare lavoro e condivisione. Forse il mondo di Alberto Genovese è stato stracciato proprio da questa eccessiva facilità ad accumulare denaro e quindi a costruire un mondo troppo incerto proprio perché troppo facile.

Le cronache parlano poi della crisi di pianto dell’imprenditore. Particolare umanissimo. Anche se, forse, qualche rapporto esiste con il mondo di “prima”. La debolezza dei soldi facili e della droga, prima, la debolezza delle lacrime, oggi. Sempre di debolezza trattasi.

Ma c’è una bella differenza. La debolezza di prima portava Genovese all’aggressione verso gli altri, in particolare le ragazze delle sue feste di Ibiza e di Milano. La debolezza di oggi è una forma di compatimento verso se stesso. Forse si può capire, di fronte alle lacrime dell’indagato Alberto Genovese, il senso della strana domanda di molti grandi santi che chiedevano a Dio il “dono delle lacrime”. Le lacrime, infatti, sono un eccellente ritorno a sé e alla propria realtà, soprattutto quella più difficile da accettare: le debolezze e i peccati. Per questo sono un dono e una grazia. C’è solo da augurarsi che lo siano anche per Alberto Genovese.

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