LA FUGA DALLA MESSA NON E’ PROGRESSO, E’ DECLINO

Le inchieste e gli studi sulla partecipazione alla messa sono innumerevoli e permettono indefinite considerazioni. L’ultimo studio – forse – in ordine di tempo è di Luca Diotallevi in un libro appena pubblicato da Rubettino sulla “partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019”. Titolo: “La messa è sbiadita”.

Lo sbiadimento della messa intende dire, in termini molto sintetici, il crollo verticale della frequenza alla messa della domenica. Diotallevi fa notare che si è passati, infatti, dal 37,3% della popolazione adulta nel 1993 al 23,7% del 2019. Con due annotazioni supplementari: i giovani sono quelli che frequentano di meno e le donne, tradizionalmente più “fedeli” dei maschi, si stanno rapidamente adeguando. Circa i giovani sono in giro inchieste che dicono che solo il 12 per cento degli adolescenti e l’8 per cento dei giovani frequentano la messa. Sono di più difficile reperimento i dati che riguardano specificatamente le donne.

Un dato, dunque, domina studi e studiosi diversi: la frequenza alla messa sta rapidamente diminuendo. Vale la pena, dunque, non discutere sul dato che è evidente, ma su cosa quel dato significa.

Va notato che la crisi non riguarda solo la Chiesa cattolica, ma anche e spesso in misura maggiore la chiese protestanti, in particolare in Inghilterra e nei paesi del Nord Europa. Discorsi diversi si dovrebbero fare per il sud America e per l’Africa subsahariana. In quest’ultima, soprattutto, i tassi di crescita del cristianesimo sono, mediamente, superiori al tasso, che là è altissimo, di natalità. Il discorso riguarda soprattutto noi, europei e nordamericani.

La nostra società moderna, dunque, è sempre più portata a fare a meno della fede e del messaggio cristiano. Si deve prendere atto. Come credente, però, mi chiedo: una qualsiasi società può resistere alle forze disgregatrici che vengono da dentro e la assalgono da fuori, senza ideali alti, molto alti che facciano da collante? La Francia ha cercato di sostituire alla religione cristiana la religione laica dei valori della Rivoluzione dell’89: liberté, egalité, fraternité. Mi pare che il tentativo non sia gran che riuscito. Oggi soprattutto, quando diverse forze politiche e soprattutto religiose usano precisamente parlare della libertà per negarla: le nostalgie totalitarie, nelle nostre democrazie occidentali, non sono morte con la seconda guerra mondiale. E, proprio in Francia, proprio mentre sto scrivendo questa chiacchierata, il Parlamento francese, riunito a Versailles, ha introdotto nella Costituzione la tutela del diritto di abortire. Ho qualche difficoltà a vedere in questo l’esito più felice della liberté rivoluzionaria.

Per cui mi nasce una domanda: lo sganciamento dai valori cristiani è solo progresso o è anche declino? Il fatto che la fine del cristianesimo nelle nostre società si accompagni a una crisi profonda delle nostre democrazie e delle nostre istituzioni è solo un coincidenza? Belle domande e difficili risposte, come si vede.

Il problema, dunque, resta ed è generale: esistono valori capaci di tenere insieme le nostre società al di là e al di sopra delle nostre fragilissime democrazie?

P.S.: Ho riletto il mio articoletto. La mia perorazione per i valori alti, cristiani e non, rischia di farmi apparire sodale di Matteo Salvini e della sua amica francese Marine Le Pen (oltre che degli altri amici del Matteo nostrano: quelli olandesi, inglesi, tedeschi. Per non parlare di Putin). Dichiaro solennemente che usare il cristianesimo per tirare voti a un partito è peggio che negarlo. Vuol dire, infatti, farlo diventare valore di parte, usarlo per scavare le divisioni invece che per superarle.

A questo punto dovrei dire due parole su cosa significa il crollo della frequenza alla messa domenicale per chi sta dentro la Chiesa. Ma finirei per fare una predica troppo lunga. Alla prossima.

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