LA FEDE CHE HA BISOGNO DEL CUORE DI PADRE PIO

Le reliquie di Padre Pio fanno parlare. Sono state esposte in diverse parti. Negli ultimi mesi sono passate da Bassano del Grappa, a Termoli, a Pula in Sardegna. In altre parti ancora in tempi meno recenti. Ora il rettore del santuario di san Giovanni Rotondo ha annunciato che il cuore di Padre Pio verrà esposto il prossimo mese di settembre.

Con le notizie che riguardano le reliquie di Padre Pio, torna il discorso sulle reliquie: quel capitolo intrigante e drammatico che, oltre a tutto il resto, ha fatto da detonatore alla crisi del Protestantesimo, nei primi decenni del ‘500.

Le reliquie, in particolare e per sé, nascono da una istanza che, prima di essere cattolica, è umana: l’esigenza di “vedere” e “toccare” quello in cui si crede. La fede, infatti, non nasce dalle idee, ma dal cuore e dal corpo. Una vasta tradizione popolare ha silenziosamente protestato contro una fede elitaria, sostanzialmente illuminista, per la quale, più crede chi più sa. Cosa santa, si potrebbe dire, questa protesta.

Ma c’è un ma, grosso come un macigno. Tutto dipende dal come e dal quanto ci si affida al vedere e al toccare. Per quanto riguarda le reliquie diventa rivelatrice la natura stessa delle reliquie. La reliquia più nobile è il corpo del santo, oggetto di venerazione fin dalla più lontana antichità cristiana, la quale ha inaugurato l’usanza di collocare il corpo del santo sotto l’altare dove si celebrava l’eucarestia (ancora oggi, la pietra che sta al centro dell’altare, deve contenere una reliquia). Poi il corpo del santo è stato smembrato e si è incominciato a venerare o la mano, o il piede, o un osso o altro. Fino agli estremi di reliquie le più inverosimili e le più strampalate. Si è sentito parlare, tra le molte altre cose, di reliquie medievali del prepuzio del Signore (a partire, ovviamente, dai racconti evangelici della circoncisione) e del latte della Madonna.

Il desiderio di “toccare” ha portato anche alla moltiplicazione delle reliquie ritenute più importanti. Se si dovessero mettere insieme tutti i chiodi e le spine della Passione, credo se ne farebbe un carretto.

Il che, però, non deve portare a fare di ogni erba un fascio. La Sindone di Torino, per esempio, ha a suo favore tutto un corredo di prove che rende difficile, anche a un laico incredulo, di ridurre tutto a un falso. La Sindone e il latte della Madonna sono molto diverse e diversamente verosimili e non vanno per nessun motivo trattate alla stessa stregua.

In sintesi: il culto delle reliquie diventa controindicato quando esagera o nell’attribuire importanza ai resti dei santi o nel pretendere troppo dal vedere e dal toccare, tanto da non credere se non si vede e non si tocca (al contrario del Vangelo: “beati quelli che senza aver visto crederanno”, dice Gesù a Tommaso, vangelo di Giovanni).

Il caso di Padre Pio, da questo punto di vista, è significativo. Si tratta di una figura in cui i “segni” hanno un’importanza capitale: le stimmate, le esperienze straordinarie che ha vissuto, miracoli di vario genere. Tutto questo segna la figura e la devozione che se ne è sviluppata. Non è fuori posto pensare che molta gente – non tutta, certo, ma molta – crede più in Padre Pio da Pietrelcina che in Gesù da Nazaret. Si tratta di una tradizione in cui c’è poco spazio per la Parola di Dio e per la stessa liturgia. Le cose da vedere sono diventate talmente importanti da oscurare la Parola di Dio da ascoltare e la preghiera della Chiesa da celebrare.

E vale la pena ricordare che molti, moltissimi santi, la maggior parte, non hanno mai fatto miracoli, non hanno vissuto esperienza speciali. Ma sono santi e spesso grandissimi santi.

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