IN EUROPA DOVREMMO MANDARCI I MIGLIORI, NON LE SCARTINE

Fra 5 mesi si vota per il nuovo parlamento europeo e, in molte parti d’Italia, per i consigli comunali e per alcune regioni. Il quadro delle candidature non è completo, e questo per adesso è comprensibile. Quello che è più strano è che il dibattito ferve più intorno al livello locale che a quello dell’Unione. Nella mia città, Bergamo, per esempio, ma non è l’unica, una delle principali coalizioni ha già individuato il candidato sindaco; l’altra, che non lo ha ancora fatto, si sente in ritardo. Nella mia regione non si vota, ma sento accesi dibattiti (dispute?) su candidati al ruolo di governatore.

E i candidati alle elezioni europee? Silenzio assoluto, a livello locale. Sul piano nazionale è incominciato il giochetto dei leader di partito del “mi candido anch’io se ti candidi anche tu”, oppure “mi si nota di più se mi candido e vinco o se rinuncio a partecipare?”, come diceva il tristissimo Nanni Moretti che qualcuno, forse altrettanto triste, trova divertente per dovere di appartenenza. Ma sappiamo che comunque non lasceranno lo scranno di Roma per Strasburgo.

E allora la domanda è: ma chi ci rappresenterà in Europa? O peggio: interessa a qualcuno chi ci rappresenterà in Europa? È vero che il sindaco è il tuo vicino di casa, il tuo compagno di scuola o di giochi, quindi lo senti prossimo. È quello che farà funzionare meglio o peggio il tuo paese, la tua città, ti farà trovare l’autobus sotto casa, darà il contributo alla tua associazione di volontariato. Insomma, senti che incide sulla tua vita quotidiana. Dunque ti interessa sapere chi potrebbe essere.

Anche il Presidente della regione, da quando lo chiamiamo governatore (bizzarro anglicismo di ritorno, visto che gli americani usano una parola con radice latina) è sentito molto vicino dai suoi cittadini, a nord come a sud è il capo e il paladino della sua terra. Che sia grande come la Lombardia o piccola come il Molise, il governatore la difende e la promuove con grande impegno e ardore.

E chi andrà a sostenerci a Strasburgo? Sembra che non importi a nessuno. Chi di voi lettori conosce anche solo il nome del parlamentare europeo del suo territorio? Pochi, credo, forse anche a motivo dell’ampiezza delle circoscrizioni elettorali. Eppure non è un ruolo di poco conto.

Chiedete a un sindaco o a un governatore di regione quanto è impedito, ostacolato nel suo operare da un reticolo di norme e regolamenti nazionali, europei o di derivazione europea. Questo concentrarsi sui livelli locali è comprensibile e apprezzabile ma stride con il disinteresse verso le candidature europee, quando è ovvio che la linea di comando (e di autonomia finanziaria) va dall’alto verso il basso. Chi non ha compreso che i nostri destini politici non si giocano più a Roma né a Milano o a Bari, ma fra Strasburgo e Bruxelles (con appendice a Francoforte)?

Temo che alla domanda “preferisci avere un buon sindaco o un ottimo parlamentare europeo” la stragrande maggioranza degli italiani opterebbe per la prima risposta. Lo definirei un mondo al contrario, se non fosse che evoca una certa visione estrema; dirò più semplicemente che non ci è chiara la priorità dei ruoli.

Così continueremo ad avere ottimi sindaci e governatori, amati e apprezzati dai cittadini. E manderemo in Europa gli scartini, i trombati, i protagonisti di epoche politiche superate. Con il risultato di avere una debole rappresentanza nell’Unione, che creerà problemi a cascata ai livelli nazionale, regionale e locale.

Smettiamo di considerare le elezioni europee un super sondaggio fra i partiti, smettiamo di votare alle europee con l’occhio rivolto alla politica italiana. Dobbiamo mandare i politici migliori e i leader più validi là dove si fanno i giochi decisivi. Sarebbe il modo migliore di aiutare anche sindaci e governatori e, soprattutto, gli italiani.

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