IL VIRUS CHE CI FARA’ BENE

di LUCA SERAFINI – Mi sta assalendo quella follia latente che alberga sempre in noi e – quando si sveglia improvvisa dal suo letargo nell’anima – può essere miope e feroce. Sento un po’ di vergogna chiedendomi se sono irresponsabile. Vinco infine anche questa paura che si somma a tutte le altre, e scrivo.

Scrivo dei miei pensieri, rivolti in questi giorni a quel che sarà dopo. A cosa ci resterà di questa violenta esperienza dell’umanità. Di questa prigionia. E non riesco, perdonatemi, a non vedere la luce. E non riesco, perdonatemi, a non credere che in qualche modo ce la siamo meritata e che ne avessimo bisogno come una punizione purificatrice. La religione, giuro, non c’entra niente, ma proprio niente: questi sono affari nostri, affari terreni.

C’era una straordinaria, inconsapevole necessità di appiattire i nostri bisogni all’essenziale, di tornare a distinguere tra vitale e superfluo, di trovare unità planetaria nel combattere un solo invisibile nemico, come in quella fantascienza che ingoiamo da decenni con sorrisi compiaciuti, ma che oggi ci si ritorce contro. Adesso l’irreale ci sveglia ogni mattina.

La natura aveva bisogno di respirare e sta respirando. Le nostre anime e i nostri cervelli, per quanti ne hanno una e uno, avevano bisogno di fermarsi per capire. Gli avidi avevano bisogno di accorgersi che soli al mondo non ci può essere gioia, i poveri avevano bisogno di un appiglio.

Potevamo arrivarci da soli, ma avevamo fretta ed eravamo distratti dagli affari nostri. La mia luce di oggi, perdonatemi, è la fiducia nell’umanità: forse, dopo, sarà tutto diverso e migliore perché la guerra (questa è una guerra mondiale) lascia ferite e cicatrici incancellabili. E la voglia di non combatterne una nuova.

Mi è sempre piaciuta una frase di John Lennon, “La vita è quello che succede mentre siamo impegnati a fare altro”.

Adesso che siamo tutti impegnati a fare la stessa cosa, stare a casa, abbiamo tempo e modo di pensare a quel che dovremo fare per migliorare la nostra vita, quando potremo di nuovo uscire.

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