E tutti vivono, da iperconnessi, la grande illusione d’essere qualcosa di diverso, di più scientificamente dominante, rispetto ai nostri avi. È il bluff supremo smascherato dal virus. In un barlume di lucidità scopriamo di essere dentro una quarantena medioevale, simil-peste nera, con l’energia elettrica al posto delle fiaccole, il sibilo delle sirene al posto delle campanelle dei penitenti, due film al posto del cantastorie di corte. Stesse penombre, stessi scienziati cotonati che alla vigilia magnificavano gli effetti dei cataplasmi al re. Anche allora mancava la farina.
L’epidemia smaschera la nostra superbia non solo nei confronti della Natura (che a primavera esplode sui terrazzi e nei giardini fregandosene dei nostri terrori) ma anche nei confronti della Storia e della Scienza. Allora l’aspettativa di vita in condizioni normali era 50 anni, oggi 85. Allora non eravamo niente, adesso ci percepiamo tutto. Teniamo monitorate le funzioni cardiache con i microchip, investiamo triliardi per mettere a punto l’auto senza guidatore (sai che noia), uccidiamo senza neppure metterci moralmente in gioco con i droni. E poi, come tremebondi animaletti da grotta, percorriamo in silenzio il tragitto fra la cucina e la camera da letto aspettando che qualcuno ci dica che l’incubo è finito.
Gli scienziati parlano al re e ai sudditi dall’ultrapiatto 50 pollici. Sono enormi, preparatissimi, le nuove star della società mediatica. Chiedono più fondi, ma non ci stanno dicendo un càppero di più rispetto ai gufi imbellettati dei cataplasmi: lavatevi le mani e state in casa. La maglia dei Lakers arriva fra 15 minuti con Amazon, ma il vaccino arriverà fra un anno. Proprio sicuri negli ultimi 20 anni di esserci concentrati sulle innovazioni intelligenti?
Salite sull’auto senza guidatore, ordinate champagne da Glovo premendo due tasti dell’iPhone, praticate lo smartworking, sentitevi global per abbracciare un canguro minacciato dal fuoco. Ma per non finire in ospedale con i polmoni devastati dal microorganismo più insignificante e letale il rimedio è: «Nascondetevi in cantina». Nel 2020 come nel 1010.
Non è cambiato molto, la Tour Eiffel tricolore sostituisce la pira votiva ma le preghiere di un’umanità comunque sconfitta sono sempre le stesse. Anche il Papa che invoca la salvezza fra le pietre eterne e silenziose somiglia a quello di allora.
Proprio sicuri di avere fatto tutti questi decisivi passi avanti? Se la soluzione dei più celebrati centri di ricerca del mondo è: lavatevi le mani e state in casa, bastava Galeno.
Ben detto, sono anni che penso che la società che abbiamo costruito soprattutto negli ultimi 30 anni sia costruita sul nulla e mi dispiace in quanto dolorosamente coinvolto di averne avuto la prova.
Parole sante.
Si domandava mio padre, classe 1930 : non staremo andando troppo avanti ?
Il latino , che gran parte dei tecnologici annoverano tra le lingue morte , ci ha regalato una frasetta che potrebbe essere utile ricordare, o commemorare proprio come i defunti : EST MODUS IN REBUS.
Con i tempi che corrono, credendoci anche solo un poco non può certo fare danno, ci sta pure un bel ORA PRO NOBIS.
Cordialmente, l’AUGURIO di TANTA SALUTE .
Fiorenzo Alessi