IL GELIDO SILENZIO DEGLI ISLAMICI SUI GIOVANI IRANIANI

Il pensiero non è cambiato. Nei primi due decenni del ventunesimo secolo ci siamo chiesti perché la comunità islamica fosse così timida nel condannare le azioni terroristiche dell’ISIS e ora, nel martellante ed eroico pulsare della protesta dei giovani iraniani, continuiamo a chiederci perché.

Le pagine dei quotidiani occidentali non portano notizie dell’indignazione islamica per quello che sta avvenendo in Iran. Le pagine dei giornali occidentali non ospitano le rimostranze della comunità islamica, le piazze non ospitano manifestazioni della comunità islamica indignata e ferma nel condannare quello che sta avvenendo in terra persiana.

L’occidente a sua volta non è così risoluto nel riconoscere quanto sia rivoluzionaria questa rivolta, quanto sia incredibilmente vera e anacronistica, un popolo intero e soprattutto i propri giovani, il proprio presente ancor prima che il futuro, determinati nel credere che si possa pensare un Paese possibile anche sottosopra, un Paese dove l’uomo, l’umanità e l’umanesimo siano posti al timone, dove il timone segua la direzione dei diritti fondamentali e non di un falso dio e di precetti comodi e tetri.

L’occidente non è così risoluto, ma quel che rende inquieti, senza sorpresa, è l’assoluta latitanza della comunità islamica, là dove sarebbe richiesto un forte, deciso, urlato appoggio alla rivolta in corso.

Ci diranno che ci sono state prese di posizione chiare e inequivocabili, qua e là diremo noi, praticamente impercettibili, perché inequivocabile è soprattutto la latitanza della solidarietà islamica, che suona terribilmente connivente.

Il mondo occidentale si riempie la bocca della parola “missione”, che sia per imprese economiche e commerciali o per azioni belliche e parabelliche, ed è senz’altro vero che la prossimità umanitaria espressa in questi mesi sia sincera e convinta, per quanto comunque debole e sporadica: ma a cosa serve? In termini pratici ed effettivi, a cosa serve?

Non vi sono profitti da rastrellare da un cambiamento dello status quo, anzi, e una missione a sostegno della popolazione in rivolta è fuori discussione e tutt’altro che agevole dal punto di vista diplomatico, ma il punto sta altrove e quell’altrove è il cuore del problema. Finché la comunità islamica in prima persona non oserà mostrare sostegno chiaro, inequivocabile e forte, è difficile pensare a un cambiamento radicale.

Senza andare troppo lontano, la tragica storia di Saman Abbas ci ricorda che la lotta dei giovani iraniani non è qualcosa di così distante da noi. La tragica storia di Saman e la tragica storia di Hina, di Sanaa, di Jamila e di tutte le altre che colpevolmente dimentico.

Vorrei vedere la comunità islamica reclamare e pretendere le pagine dei giornali, vorrei vedere la comunità islamica in piazza, vorrei vedere la comunità islamica libera e fieramente umanista.

La vorremmo vedere tutti, ma pur essendo ogni giorno a contatto con persone di fede islamica, di questa comunità non vi è traccia.

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