Spesso si è portati a credere che la comunicazione linguistica sia preponderante. Invece tra il 75 e l’80% delle informazioni che raggiungono la nostra corteccia cerebrale passa attraverso gli occhi e solo il 15% giunge dall’orecchio. L’80% della comunicazione “passa” attraverso il non verbale, quindi il corpo e le emozioni, e non dal verbale, il “detto” e le parole.
Solitamente si pensa pure che solo chi può dar voce ai propri sogni, desideri, diritti ne sia titolare. Ma ogni persona è per definizione titolare di sogni, desideri, diritti. Pensiamo al bambino che non riesce ancora parlare e all’anziano che ha perso le parole. E a questo punto diventa non una possibilità, ma un dovere nostro capire le parole non dette: leggere quello sguardo, interpretare quel comportamento, cogliere quell’emozione. E su questo creare connessioni, relazioni, scambi.
Questo è il nucleo del nostro lavoro. Senza questo non si fa “essere” e vivere l’altro, di cui ci prendiamo cura. E’ davvero quindi “impossibile non comunicare” come ci dice Watzlawick.
Del resto, basta pensare alla nostra vita comune. Se una persona che è con noi in una stanza non ci guarda in faccia, ma guarda il muro, non sta “non comunicando”, ma ci sta dicendo che non vuole parlare con noi. Noi stessi ben sappiamo quanto e densamente parlano i silenzi nei colloqui tra persone o nelle riunioni dei gruppi. Noi sappiamo bene quando una non risposta a una domanda, a un messaggio, a una mail in realtà sia di per sé una vera risposta.
Caro Paolo, credo che la chiave tu la metta in chiaro sin dall’inizio. La chiave di tutto è la parola UMANITA’. Stavo per scrivere che la chiave sta nel dare un nuovo significato alla parola UMANITA’, ma mentre mettevo mano alla tastiera mi sono reso conto che non è così. Basta e avanza il vecchio significato della parola UMANITA’. Non ha scadenza e rimane la pietra angolare sulla quale poter pensare di costruire qualcosa di buono. Poi verranno i modelli, i metodi, i protocolli e tutto il resto. Poi.
Grazie Paolo