I MISTERI DEL COCCO DI MAMMA MUSK

Il fascino del genio, il segreto del successo, la formula magica di chi è salito in alto senza provare vertigini e non precipita neanche se sotto ai piedi a un certo punto si erode il terreno. La storia di chi ha cambiato la storia, insomma: nel cinema si chiamano biopic, dove la fantasia della realtà spesso supera la fantasia. Un genere che coinvolge, magari insegna se si sanno cogliere contenuti e sfaccettature.

Magari insegna anche se a scrivere l’autobiografia è la mamma, del protagonista. Parlo di Maye Musk, il figlio della quale è (era fino a poco fa) l’uomo più ricco del mondo e si chiama Elon, entrato in vari guinness dei primati, compreso quello della più grande perdita patrimoniale di sempre: 172 miliardi di dollari in pochi mesi, cosicché gli averi personali sono precipitati da 320 a 138.

La signora Maye ha pubblicato “Una donna deve avere un piano”, raccontando della sua scalata iniziata da un tenore di vita basso, con le reiterate violenze domestiche del marito Errol che la indussero alla separazione. Scappò a Durban da ragazza madre per intraprendere una celebrata carriera da modella, fino a conseguire una doppia laurea in dietologia (materia in cui si è specializzata diventando influencer nutrizionista).

Nelle sue interviste di questi giorni, una pubblicata a piena pagina dal “Corriere della sera”, i sussulti terminano qui. Un triplo salto mortale che, forse, sarà meglio approfondito nel libro. Descrive in sostanza una vita quasi normale, lastricata qua e là da sussurri e grida, non eccitando più di tanto nemmeno quando racconta dei figli Kimbal, Tosca e appunto Elon. Il re della Tesla e poliedrico imprenditore del fotovoltaico, dell’intelligenza artificiale, dei tunnel sotterranei, di social (Twitter) e pagamenti online (PayPal), secondo l’anteprima del libro della madre ha avuto un percorso ancor più piatto del suo: silenzioso e bullizzato da giovane, dormiva – e, pare, dorma ancora – mezz’ora per notte, legge moltissimo, non ha case di proprietà e vive in case modeste.

Basta. Tutto qui. Non una delusione gossippara o per mancanza di chissà quali misteri, ma insomma poco o nulla che porti a conoscere realmente le doti che hanno proiettato questo cognome nel firmamento mondiale. Sì, d’accordo, da piccolo Elon veniva chiamato “Enciclopedia” perché sapeva tutto, ma un secchione lo abbiamo avuto tutti. Vinse 500 dollari per aver creato un videogioco a 13 anni, l’aneddoto più eclatante di un’infanzia trascorsa tra il Sudafrica e il Canada dove aveva voluto trasferirsi da solo, ad ogni costo, perché pensava che avrebbe avuto maggiori opportunità che a Johannesburg. Lei lo aiutò mettendogli in tasca 2000 dollari in traveler’s cheque. Fine.

Ascolta i suoi consigli? “A un certo punto ero preoccupata per la sua salute e gli consigliai di fermarsi un po’. Mi disse che avevo ragione e di aiutarlo a scegliere un’attività tra i razzi, le auto elettriche e l’energia solare. Concentrati su una cosa sola, gli risposi. Non mi ha ascoltato”. E’ vero che quando va a trovarlo, la fa dormire in garage? “Sì, ma è quello della sua base spaziale”. Fine.

In assenza della sua, di autobiografia, leggerò in ogni caso per curiosità (direi adesso bramosia) quella della mamma di Elon Musk, perché qualcosa di interessante sono convinto di trovare. Per forza. Leggendo le scarne anticipazioni della signora Maye, che rispetto e stimo e deve certamente avere un ruolo decisivo nella vita del ragazzo prodigio, perché è la donna che più spesso lo accompagna agli eventi ufficiali e mondani, mi è venuto in mente quel personaggio di Achille Campanile nel suo capolavoro umoristico “Se la luna mi porta fortuna”.

A un giovane cronista che cerca di mettersi in luce, il direttore chiede l’intervista a qualcuno che stia facendo il giro del mondo per farsi raccontare esperienze, pericoli, emozioni, scoperte, descrizioni di luoghi suggestivi. Il ragazzo passa giorni e giorni chiedendo a chiunque incontri per strada con un trolley o una valigia, se stia facendo il giro del mondo. Finalmente ne vede uscire uno da un portone che, alla domanda se stia facendo il giro del mondo, risponde: “Sì”. Lo invita a pranzo, gli offre qualsiasi magnificenza da mangiare e da bere, poi inizia la sua intervista sommergendolo di interrogativi. Ai quali, però, il viaggiatore risponde a monosillabi: “Mah, non mi pare…”. “No, neanche tanto”. “No, direi di no”. “Non particolarmente”. Dopo un bel lasso di tempo, il giornalista in erba incalza stizzito il suo interlocutore: “Ma insomma, è possibile che lei stia girando il mondo e non abbia visto luoghi, incontrato nessuno, vissuto nessuna esperienza, insomma non le sia capitato nulla di nulla?”. Questi, sgranando gli occhi, si asciuga le labbra con un tovagliolo dopo l’ennesimo sorso e gli dice: “Guardi, io sono partito stamattina e appena uscito di casa e ho incontrato lei”.

Leggerò “Una donna deve avere un piano” e vi riferirò di quell’uomo, sicuro che nel frattempo il giro del mondo lo abbia finito e ricominciato più volte.

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