HA RAGIONE IL PAPA, C’E’ MODO E MODO DI AMARE GLI ANIMALI

Anche Papa Francesco ha qualche tema al quale è particolarmente affezionato. Se non sembrasse irriverente si potrebbe dire che anche lui ha qualche idea fissa. Ne ha diritto, d’altronde, come ogni comune mortale.

Una di queste idee fisse papali è la critica verso una certa eccessiva affettuosità verso gli animali, i cani in particolare. Tempo fa, durante una udienza pubblica, una signora ha chiesto una benedizione per quello che si portava in borsa. Ha aperto la borsa e dalla borsa ha fatto capolino il muso di un simpatico cagnolino. Papa Francesco non l’ha presa bene. Non sono riuscito a ricostruire con esattezza cosa ha detto il Papa. Ma deve aver mandato a quel paese, non il cagnolino, ma la signora.

Nell’ultima udienza ai prefetti, è tornato sul tema dei cagnolini, legandolo a quello degli immigrati. Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per la bassa natalità che segna la società italiana: “i cagnolini sono al posto dei figli”, ha detto. E ha aggiunto : “I migranti vanno ricevuti, accompagnati, promossi e integrati”.

Non si può certo dire che papa Francesco si preoccupi della sua popolarità, perché con queste affermazioni si è tirato addosso o si tirerà addosso molte critiche: critiche sicure di chi è contrario agli immigrati, critiche probabili di femministe che si sentono ripetere le rampogne per i pochi figli e critiche certissime degli animalisti per via dei cagnolini.

Vorrei dire qualcosa proprio su cani, cagnolini e dintorni. Mi sono sentito raccontare storie di cani che mi hanno decisamente sorpreso. Ci sono cani che dormono in camera da letto con i loro padroni, alcuni arrivano a dormire nel letto stesso; ho sentito parlare di cani così ominizzati che siedono e mangiano alla stessa tavola. Mi hanno raccontato anche di un cane che beve il caffè. E’ poi normale vedere cani che sequestrano per sé poltrone, divani, tappeti.

Mi sono chiesto il perché di queste abitudini. Non è difficile trovare una risposta. I cani diventano “di casa” ed entrano nella rete affettiva della gente che vi abita. Normale. Quello che fa discutere è la scala degli affetti e la loro manifestazione. Si devono amare anche i cani. Ci sarebbe da discutere come.

In effetti fa parte della scolastica corrente l’affermazione che “l’importante è amare”. L’enfasi sull’amore è talmente invasiva che tutto quello che può rientrare nell’amore viene automaticamente giustificato. Se amo il mio cane come ti permetti di ridire se lo faccio dormire sul cuscino nel mio letto, se mangia seduto sulla sedia accanto a me e se gradisce pure una tazza di caffè alla fine del pranzo? Criticare queste abitudini vuol dire criticare l’amore che le ispira. E non c’è eresia più grande di questa.

Mi pare evidente una “morale” riguardo a questa favola moderna. Abbiamo tutti una gran fame di affetti e, usiamola la parolona grossa, di amore. L’amore soffre sempre di pesanti eccedenze. Siccome la fame è tanta diventa facile accontentarsi di tutti i cibi e di tutti i pasti per soddisfarla.

Nella mia casa paterna i miei familiari posseggono un malamute, un cane da slitta. Si chiama Yanko. Pesa 50 chili, ha un pelame tra il bianco e il grigio, una coda sontuosa e dà l’impressione di una dignità principesca. Quando mi vede, anche a distanza di mesi, mi infila il muso tra le gambe, mi porge la zampa, si mette a pancia per aria in attesa delle consuete carezze. Ma vige una regola ferrea: Yanko non deve mai entrare in casa, deve restare nel cortile, all’esterno o negli orti vicino a casa. Yanko non si sogna neppure di infrangere la regola.

Mi viene un dubbio. Vuoi vedere che siamo passibili dell’infamante accusa di scarso amore per il povero Yanko e per i suoi simili?

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