E pensare che, per una volta, erano quasi tutti d’accordo. A parte i responsabili dell’ordine pubblico e dei soccorsi, per i quali Fiorentina-Juventus non aveva ragione di essere rinviata perché non influiva sulle due cose, non la pensavano così politici di destra e di sinistra, la Curva Fiesole degli strenui sostenitori viola, autorità varie ed eventuali, persino una parte del pubblico che allo stadio ci è andata, “giusto per non perdere i soldi del biglietto, ma sarebbe stato meglio non giocare”.
L’osservatorio sull’opportunità di tirare o no calci al pallone quando una tragedia scuote le coscienze, dall’11 settembre in poi, riaccende puntuale i suoi dibattiti. Quegli eventi americani scioccarono tutto il mondo, ma l’Uefa si rifiutò di spostare le partite delle Coppe europee, indignando tutti quelli che invece non ebbero nulla da obiettare sulla regolare disputa di gare di volley, basket, football eccetera. Né tanto meno sfiorò il dubbio a quelli che comunque in quei giorni strazianti andarono regolarmente al bar, al cinema, al ristorante, in discoteca, alle giostre, continuando insomma a farsi la loro vita e i fatti loro, scioccati o meno.
A quanto pare il moralismo da lutto vale solo per il calcio, quello professionistico si intende, perché a calcetto dopo il lavoro continuano ad andarci tutti, anche dopo che due aerei hanno sfondato Ground Zero, un altro il Pentagono e un quarto diretto a Washington abbattuto, dissero, grazie a un’eroica rivolta dei passeggeri.
Cosa c’entra il calcetto con uno stadio pieno? Non è questo il punto. Il tema centrale sono le opportunità, etiche e morali, di dar luogo a un avvenimento ludico di fronte a un lutto esteso che sventra le coscienze e scuote l’opinione pubblica. Il tema centrale è il comune senso del pudore per cui di fronte a centinaia, migliaia di vite spezzate, si possano avere lo spazio, il tempo e la volontà di divertirci, ma questo dovrebbe valere nell’intimo di una casa come nell’arena di un campo di calcio.
Non è che la cosa cambi – nel cuore delle gente che ne ha uno – a seconda che questi fatti tragici e luttuosi avvengano o no nei pressi di dove viviamo, ma fa tutta la differenza del mondo rispetto all’opportunità, indipendentemente dalla fredda praticità.
Ecco dove il regolare svolgimento di Fiorentina-Juventus fa a pugni con le mie convinzioni: quella partita no, non si doveva giocare perché organizzata nel capoluogo di una regione straziata e spazzata via in molte sue aree, dall’acqua e dal fango, dalla morte, dal dolore e dalla disperazione. Sarebbe stato come far giocare regolarmente il Bologna in casa dopo il terremoto in Emilia nel 2012 o il Cesena nei giorni dell’alluvione di quest’anno.
Comunque c’è sempre un’eccezione alle riflessioni umane, al senso e alla ragione delle nostre anime in subbuglio, ai nostri occhi lucidi inchiodati ai telegiornali: la Lega Calcio. Per questi signori, Fiorentina-Juventus non è mai stata minimamente in discussione, così pure le partite in programma nei giorni dell’alluvione di 6 mesi fa in Emilia Romagna. Loro sì, quelli della Lega Calcio, vivono nel loro sicuro scafandro, che anche qui si chiama opportunità, ma a senso unico però.