E PER FORTUNA CI SONO I 16ENNI EROI CHE SALVANO VITE

Le parole che raccontano la vicenda di Alessandro Dioni hanno il tono concitato della corsa contro il tempo e tradiscono anche un certo stupore. Un adolescente, un sedicenne che segue un corso di primo soccorso a scuola, che impara come provare a rianimare una persona, anche con il defibrillatore, ma un conto è la teoria, un conto la pratica e altro conto ancora trovarsi di fronte un uomo in fin di vita.

In una serata di rinfreschi al campo estivo della parrocchia di San Marco ad Arezzo, Alessandro Dioni è alle prese con il defibrillatore per salvare un uomo vittima di un attacco cardiaco, le parole che raccontano l’accaduto la fanno facile, facile come potrebbe esserlo per un supereroe, uno scatto repentino, pochi secondi per capire quel che sta succedendo e poi via, in azione per salvare l’umanità.

Alessandro Dioni però non è un supereroe, è un adolescente qualunque, solo più risoluto della media, più deciso della media magari, ma non per questo più presuntuoso. Ha imparato qualcosa e si è trovato nella condizione di metterla in pratica, con coraggio e un po’ di incoscienza forse.

A esser sinceri siamo colpiti e lo saremmo comunque con ogni probabilità, ma l’assuefazione alla cronaca ormai consueta dell’adolescente scimunito e indifferente al mondo intorno a sé, al mondo in carne e ossa oltre lo schermo, ci rende la notizia ancora più speciale.

Il condizionamento è imperdonabile, lo ammetto, e per certi versi immotivato, perché ci sono tanti, tantissimi adolescenti coscienziosi e altruisti, anche di questo la cronaca è testimone, però per qualche motivo l’istinto ormai ci porta a immaginarci subito il sedicenne che punta il telefonino e filma l’agonia per poi postare la scena in tempo reale, anziché correre in soccorso.

È un pensiero ingiusto e forse infondato, anche perché nemmeno molti adulti muoverebbero un dito e basterebbe ricordare l’ambulante nigeriano ammazzato a calci a Civitanova lo scorso anno, mentre i passanti filmavano la scena. È un pensiero ingiusto perché dovemmo sempre più dare spazio a gesti come quello di Alessandro Dioni, dando a intendere che questo è quello che fa guadagnare la ribalta, fa accendere le luci dei riflettori, desta ammirazione. Altro che TikTok.

Io continuo a pensare che i ragazzi del fango della Romagna e Alessandro Dioni meritino sempre e comunque più luce e attenzione dei mentecatti delle sfide dei SUV, anche se spesso la rabbia e l’invettiva ci inducono allo sfogo rabbioso.

La pubblicità è l’anima del commercio, si dice, e allora perché non provare a vendere coscienza e valori civili, mettendoli in vetrina ogni volta che si presenta l’occasione. Al resto dedichiamo giusto un trafiletto, per dovere di cronaca, finirà presto nel retrobottega e infine al macero.

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