CARA LIBERTA’, COME TI HANNO RIDOTTO

di JOHNNY RONCALLI – In duemila a Roma per togliere al mondo le fette di salame dagli occhi. In duemila a Roma per sciogliere le catene, togliersi le palle di piombo ai piedi, gridare il proprio urlo di libertà, gridare la rabbia per i diritti umani negati.

Non fosse che non potrebbero strombazzare in piazza come fanno, li si immaginerebbe schiavi in qualche piantagione, segregati in campi di lavoro, con il bavaglio sulla bocca a impedir loro di esprimere pensieri e convincimenti.

E invece, liberi come farfalle, il bavaglio non lo hanno e chi lo ha non vorrebbe, lo tiene solo per evitare fastidi con gli agenti. Liberi di dire che la loro idea di autodeterminazione vale più della morte, quella morte che le fiction di tutto il mondo si ostinano a rappresentare, drammatizzando sempre più scenari, numeri, conseguenze.

È il fascino irresistibile del catastrofismo, penseranno, l’estrema deriva dei kolossal che ci parlano di terremoti, meteoriti, invasioni aliene. Il pubblico è talmente rapito dal realismo del racconto, dalla nitidezza delle immagini, dall’interpretazione immedesimata ai limiti dell’irritante, oltre Stanislawsky.

Questo penseranno, impegnati a negare tutto e a rivendicare tutto, perché loro la sanno lunga: morire si deve morire, la gente è sempre morta, ma costruirci sopra un tale Truman show è inaccettabile, ci dicono.

Sono pochi, dice qualcuno, solo duemila quelli in piazza, sarà… A me paiono comunque tanti, a me, rimasto tutt’al più all’esoterico terrapiattismo del tenero Giovanni Paneroni.

Sono una macchia d’olio, untuosa, fastidiosa, con la tendenza a diffondersi e a risalire in superficie. Tra di loro personaggi famosi, non famosi, filosofi, attori, ex-parlamentari, giornalisti, candidati di ogni taglia e foggia, in un frullato di oscurantisti, negazionisti, complottisti, liberisti, anti5G, no vax, antieuropeisti. Dimentico volutamente i più pittoreschi.

<<Morti per Covid? Dove sono? Voglio gli indirizzi, non mi bastano i nomi. E se ci sono, li avete uccisi voi, intubandoli. Io, se mi ammalo, ho dato disposizioni di non farmi portare in ospedale: voglio morire da uomo>>. Queste le parole di un giovane, come riporta il “Corriere”. Tocca deluderlo, se si ammalasse lo porteremmo comunque in ospedale e gli forniremmo tutte le cure del caso. Pensa quanto siamo scemi, e del resto questo prevede la sceneggiatura.

In tutta franchezza, devo rivelare loro una cosa: anche noi siamo convinti che loro stiano inscenando una fiction, ma proprio convinti. Solo, pur negazionisti questo non possono confutarlo, il copione è di qualità più scadente rispetto al nostro, sembra scritto da un millepiedi che ha perso la coordinazione, non c’è filo conduttore, non c’è direzione, coerenza. Insomma, fa acqua da tutte le parti, e d’accordo che l’olio immerso nell’acqua tende a risalire in superficie, ma il pubblico sa essere impietoso con le sceneggiature scalcagnate.

E se loro ne hanno piene le scatole della nostra fiction globale, una cosa la dobbiamo confessare: le abbiamo piene pure noi. Della loro.

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