BERGAMO CAPITALE DELLA CULTURA (LA CULTURA CHE RIMUOVE L’AUTO AL DISABILE)

Che bella cosa la divisa, che onore indossarla. Al servizio del proprio Paese per il bene comune, che si tratti dell’ordine pubblico, della difesa dei più deboli, della sanzione contro i prepotenti, della tutela contro le ingiustizie. Oppure che si tratti del quotidiano, eroico, certosino impegno di controllare che i cittadini parcheggino dove, come e quanto si deve.

Eccezioni non sono previste, bisogna essere integerrimi e inflessibili, la divisa richiede questo e così deve aver pensato anche un disabile di Bergamo, protagonista di una piccola disavventura che vede coinvolti due vigili urbani e che ribadisce quello che da sempre sappiamo: contro la divisa nulla può il buon senso e nemmeno l’intelligenza, se è permesso. Prima i galloni, poi i neuroni.

Lui, il disabile, arriva nella centrale via Frizzoni, dove deve sottoporsi a una visita, e non trova parcheggi disponibili nelle aree riservate. Lui sa che esiste una concessione ai disabili da parte dell’amministrazione comunale, una concessione che permette ai disabili di parcheggiare in spazi non dedicati, purché non intralcino traffico e passaggi. Lui sa e lui si comporta di conseguenza.

Lui sa, ma chi oltre a lui dovrebbe sapere invece no. Galloni e ignoranza dunque, sia detto e inteso etimologicamente e senza alcuna intenzione di lesa maestà. I vigili urbani, le divise, non sanno evidentemente: prevale il codice, non vi è eccezione possibile. Dubbi nemmeno a parlarne, multa e carro attrezzi, rimozione e petto in fuori.

Fieri e spavaldi come deve essere, orgogliosi di aver fatto il proprio dovere, di aver fatto onore alla divisa, così dovrebbe essere sempre, alla faccia di tutti i furbetti.

Dopo la visita, quando ritorna alla macchina, il disabile, disabile davvero a scanso di equivoci, rimane interdetto: trova uno dei due vigili che mostra un poco di imbarazzo e abbozza qualche scusa e l’altro che con premura e ammirevole zelo gli mostra il codice della strada che lo scagiona, che dal suo punto di vista lo scagiona dal dover mostrare comprensione, pazienza, buon senso.

A riguardo si sprecano gli aneddoti. Ricordo un episodio in prima persona, sempre in provincia di Bergamo, un pulmino con a bordo persone dai connotati meravigliosamente inconfondibili. Il guidatore-educatore aveva dimenticato il tesserino che consente il parcheggio nelle aree disabili, ma aveva osato comunque. Al ritorno, trova sul posto un vigile scrupolosissimo che non vuole sentire ragioni, non conta la sostanza, conta la forma: puoi avere a bordo quanti disabili ti pare, ma se non hai il tesserino ti becchi la multa.

E sia. La legge è uguale per tutti, salvo eccezioni eccellenti e salvo ragionevolezza. Per le eccezioni eccellenti poi c’è sempre uno spiraglio, per la ragionevolezza no.

Non riesco a immaginare quale fierezza, quale vanto e quale intrepido spirito abbiano poi accompagnato i prodi pubblici ufficiali nel corso della serata e dei giorni a venire. La categoria non brilla per duttilità e dialettica, senza offesa. Capisco si debba essere impettiti e inflessibili, capisco meno l’archiviazione delle capacità di discernimento, che tutti quanti siamo tenuti a esercitare ovunque si lavori.

Considerate poi le imprese titaniche dei guidatori, di tutti i guidatori, in questi tempi densi e affollati di gente che guida con il cellulare in mano, così per dire, sarebbe bello e rassicurante pensare di poter contare su una vigilanza corretta, severa, ma allo stesso tempo umana e ragionevole, là dove l’umano e il ragionevole chiedono cittadinanza.

Sia detto in modo civile e rispettoso, come civile e rispettoso è stato quel signore disabile, che ha sì scritto al sindaco, all’assessore, al giornale, ma ha anche provato a smorzare i toni: “Preferisco pensare alla buona fede dei tutori dell’ordine e magari solo a una carenza di sensibilità”.

Io preferirei solo un po’ di moderazione, di lentezza almeno. Preferirei meno galloni, ecco.

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