ARRICCHIRSI DI COVID

“Tutto è economia” diceva un mio vecchio caporedattore, “anche l’erba che cresce”. Cercava così di convincere i colleghi più giovani che la materia, a lui cara, non era né arida né criptica. Soprattutto, intendeva spiegarci che senza la comprensione dei meccanismi base del mercato, ci sarebbe stato difficile afferrare quei perché e quei percome del mondo che, con l’entusiasmo della giovinezza, avevamo la pretesa di spiegare ai lettori.

Al sottoscritto c’è voluto molto tempo per arrivare a questa consapevolezza. Oggi però, forse con un po’ di presunzione, mi sento di aggiungere alla sentenza del caporedattore un’utile postilla: “Anche l’erba che cresce è economia, ma non tutti ne traggono beneficio allo stesso modo”.

Ci sono eventi naturali minori, per così dire, che si trasformano rapidamente in (piccole) occasioni di guadagno: uno scroscio di pioggia e il venditore di ombrelli (spesso un immigrato) svelto a presentarsi in piazza potrà contare su un discreto incasso. Se invece l’evento naturale è grande, meglio se catastrofico, meglio ancora se globale, allora non c’è spazio per gli spacciatori di ombrelli al minuto. Quando il gioco si fa duro – ed esteso – i duri (e gli estesi) incominciano a giocare.

C’è chi, al telefono dopo un terremoto (quello in Abruzzo) se la ride pensando ai possibili guadagni della ricostruzione, mentre altri, in cerca di una definizione calzante per il medesimo disastro, non trovano di meglio che parlare di “colpo di culo”. Ma qui, tutto sommato, siamo ancora nel territorio delle mezze calzette. Quando di mezzo c’è la pandemia, allora entrano in campo i big. E chi c’è in giro (se non è nello spazio) più big di Jeff Bezos, padre e padrone di Amazon?

Abbiamo visto tutti: secondo l’ultimo rapporto di Oxfam, un cartello di organizzazioni no profit dedicate alla riduzione della povertà globale, tra il marzo del 2020 e il novembre del 2021 il surplus patrimoniale di Bezos è lievitato a oltre 81 miliardi di dollari. Una cifra che fa impressione in sé e che colpisce ancora di più quando si considera che equivale al teorico costo completo della vaccinazione (due dosi più “booster”) per l’intera popolazione mondiale.

Il rapporto di Oxfam rivela che la pandemia ha accentuato le disuguaglianze, spingendo i profitti verso le élite miliardarie e lasciando in perdita praticamente tutti gli altri. Bezos, con il suo servizio di consegna di qualsiasi cosa in qualsiasi posto, ha beneficiato più di tutti della ritirata domestica dell’umanità, garantito nei guadagni dal regime di sostanziale monopolio in cui opera.

Anche l’industria farmaceutica, come è ovvio, ha visto moltiplicarsi i guadagni. Ai giganti della produzione vaccinale – Pfizer, BioNTech e Moderna – si contesta spesso l’efficacia del preparato, quando bisognerebbe invece spingere perché, applicando una politica aperta sui brevetti, permettano che le somministrazioni si diffondano anche nelle aree più povere. Il vaccino, osserva Oxfam, ha creato cinque nuovi miliardari, ma solo l’1% della produzione ha raggiunto le aree più a basso reddito del pianeta.

Anche in Italia qualcuno ricorderà quelli della pandemia come anni di abbondanza, anche se non necessariamente in diretta conseguenza del virus. La rivista Forbes ha aggiunto 13 nuovi connazionali al suo elenco mondiale dei miliardari. Tra questi John Elkann (due miliardi di dollari di patrimonio personale), Sergio Stavanato (1,9 miliardi), Giuliano e Marina Caprotti (1,7 miliardi ciascuno). Cifre importanti ma nulla a confronto con le 81 cocuzze di Bezos. Al quale, tuttavia, va riconosciuto il merito di essere rimasto umile: se ne va a spasso per lo spazio con un razzo quando, con il suo servizio Prime, potrebbe tranquillamente farsi portare la Luna a casa senza spese di consegna.

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