L’associazione a “Don’t look up”, recentissima produzione Netflix, è immediata. La trama di questo film azzeccato narra la scoperta di una cometa che sta per entrare in collisione con la terra nel giro di sei mesi. Gli scienziati faranno di tutto per attivare una soluzione che eviti la catastrofe, ma tutto l’establishment del paese, in testa il Presidente degli USA, si concentreranno più a combattersi politicamente che a risolvere il problema. Delegheranno una potente società privata (un mix di telefonia invadente e tecnologia spaziale, parodiando Jobs e Musk), che alla fine fallirà. “Don’t look up” è proprio lo slogan del partito presidenziale che invita i cittadini a non guardare in alto, come dire non guardate perché non ci sono problemi.
Bassetti ci sta chiedendo la stessa cosa: non leggo i dati, quindi le cose vanno meglio. Un’equazione che non funziona. Sono quasi due anni che la sia pur assillante e ansiogena rassegna ci sta informando in tempo reale, con la massima trasparenza, assolvendo in pieno il diritto a conoscere la realtà.
Oltre tutto, è anche una proposta fuori tempo massimo, ormai ci siamo fatti il callo, caro virologo, e semmai i dati in crescita ci fanno essere più prudenti del solito. Personalmente preferisco stare con Sileri e gli altri, che si sono fermamente opposti, quelli dall’altro partito “Look up” per intenderci. Tutt’al più è meglio lavorare per migliorare la qualità dei dati, quello sì.
Ma lottiamo per tenerci stretta la libertà di sapere senza nessuna censura, quella spetta a noi. Meglio stressati che ciechi. Noi la cometa Covid la vediamo, eccome, e vogliamo continuare a farlo.