DUNQUE ESISTE UN CAMPIONE CHE DICE NO AI PARADISI FISCALI

La notizia abita le periferie dei giornali e dei notiziari. Giusto un trafiletto, una coda a precedere la sigla finale. E non sorprende.

Innanzitutto il protagonista è un ciclista, l’appeal della notizia parte con l’handicap, fosse stato un calciatore avrebbe già il vento in poppa. E poi qui si parla di virtù e non di vizi, la morbosa curiosità viene messa al bando da un finale edificante e forse per qualcuno banale, per i tempi che corrono.

Lui è Damiano Caruso, corridore di Ragusa che non sta proprio sulla bocca di tutti, anche se lo scorso anno è giunto secondo al Giro d’Italia, ma la notizia non riguarda meriti o demeriti sportivi. La notizia non dovrebbe nemmeno essere una notizia forse, in un mondo più giusto, ma l’uomo è uomo e anche Damiano Caruso lo è, eccome.

Lo scorso anno, a lui come ad altri ciclisti, la Repubblica di San Marino propone di cambiare residenza, adducendo come esca il privilegio di pagare meno tasse, molte meno tasse.

Damiano Caruso è uomo e come tale debole e le tentazioni lo solleticano. Lui ci pensa. Poi arriva il Giro d’Italia, un po’ di notorietà e alla fine dice sì. O quasi.

È proprio lui a raccontare la vicenda come meglio non si potrebbe: «lo scorso anno mi è stato proposto di trasferire la residenza a San Marino per pagare meno tasse — molte meno tasse — grazie a una legge riservata agli atleti. Era vantaggioso: ci ho ragionato sopra e ho fatto richiesta. Poi ci sono stati il Giro d’Italia, il mio secondo posto dietro a Egan Bernal dopo 15 anni da gregario, l’accoglienza trionfale al ritorno a casa in Sicilia con duemila persone che mi aspettavano allo stadio di Ragusa. Quando ho rivisto la pratica sulla scrivania, pronta per la firma definitiva, mi sono detto che sarei stato incoerente col mio percorso di vita e con me stesso. E l’ho stracciata».

Tutto qui, tutto molto banale, forse. Eppure, in tempi nei quali tatuaggi e paradisi fiscali sono il lasciapassare d’ordinanza, il visto che certifica il salto di qualità, la risoluzione di Damiano Caruso non mi pare né scontata, né trascurabile.

Damiano Caruso è uomo, dicevo, e non è immune alla naturale tentazione, al naturale assecondare il così fan tutti quindi perché io no. Però, la parte forte, e bella ritengo, sta proprio in quelle ultime due parole, due sillabe, quattro lettere: io no.

Sul più bello, sullo sgravio, sull’agevolazione, sul torbido dico io, Damiano Caruso ha incontrato la propria coscienza, insieme si sono seduti di fronte al bar della piazza, quella che prediligono, e sorseggiando un bel bicchiere di Cerasuolo si sono riconosciuti. E non ci lasceremo mai, pare si siano detti, ma quelle son terre mitologiche, vai a capire dove finisce la leggenda e dove comincia la realtà. O viceversa.

Fatto sta che il nostro Damiano eroe non è, e nemmeno semidio, giusto un uomo e la notizia in realtà non c’è, o almeno non dovrebbe esserci.

C’è una morale, questa sì, la più stringata che ci sia: io no.

 

 

 

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