di JOHNNY RONCALLI – Sempre a ribadire che l’Italia è un Paese che non valorizza e tutela le arti, tantomeno i suoi artisti. Sempre a sottolineare che son tempi nei quali valgono di più gli introiti che l’estro e la cultura, e poi trovarsi con la secca smentita una bella mattina primaverile.
Kaprio, Sofian Naich all’anagrafe, ha 18 anni, è un rapper torinese ed è uno che non le manda a dire e ci mette la faccia e le parole. Più o meno. Nell’ottobre dello scorso anno a Torino ha luogo una pacifica manifestazione di protesta dei commercianti, imprenditori e lavoratori. Un gruppo di infiltrati pensa di colorare l’iniziativa sfondando vetrine e saccheggiando i negozi.
Il nostro artista, Kaprio, in realtà pare non partecipi alle devastazioni, ma subito ha una pensata che solo un artista civilmente impegnato può avere: si fa fotografare davanti a una delle vetrine con il dito medio della mano sinistra e con il dito medio della mano destra ben eretti e bene in vista: mano destra e mano sinistra, bipartisan perché la protesta è trasversale e non deve essere strumentalizzata da alcun partito e un vero artista non si fa veicolare da nessuno. Mica come un Fedez qualunque.
La foto circola, e con la foto circola pure la volante della Polizia, che inizia indagini nei confronti del rapper.
Apparentemente risulta estraneo alle azioni violente, ma, con il solito accanimento che viene dedicato agli artisti migliori, durante una perquisizione presso casa sua vengono ritrovate oltre duemila dosi di hashish.
Parte il procedimento, si arriva al processo e, dove meno te lo aspetti, giunge l’indulgenza. In fondo erano solo duemila dosi, in fondo tirava aria di lockdown e in qualche modo toccava fare provviste, in fondo probabilmente una buona parte l’avrebbe regalata agli amici.
Insomma, chiudere un occhio del tutto non si può, gli toccano 10 mesi che mai sconterà, ma, soprattutto, mi preme sottolineare la motivazione primaria dell’indulgenza espressa dal giudice di Torino, mecenate e responsabile della sentenza: l’erba “al rapper serviva per favorire la sua creatività artistica”.
Una sentenza epocale, che il mondo dell’arte saluta con esaltazione: finalmente riconosciuta la facoltà di assumere droghe in quantità industriali per partorire opere d’arte inarrivabili.
Pare chiaro ora come abbiano potuto Leonardo e Raffaello arrivare a tanto, Vivaldi, Rossini e Verdi mai avrebbero potuto scrivere la storia della musica senza additivi, va detto e ribadito.
E poi quel volare nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno mi è sempre parso sospetto, equivoco: cosa se non sostanze allucinogene avrebbero portato a scrivere versi di tale visionarietà.
Penso che un sogno così non ritorni mai più
Mi dipingevo le mani e la faccia di blu
Poi d’improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito
Io non ho dubbi, qui girava roba pesante, e del resto roba molto buona deve girare anche dalle parti di Kaprio, capace di partorire versi irresistibili come questi:
Stanotte Vengono al party
Ma Sono io il party
Non divido più le parti
O cazzo dai parti
Fanculo ragazzi
Passatemi questa g g
Perchè ti incazzi
Marocchini tutti matti
Uno che parla che parla di cristo
Dell’altro mene infischio Ah
Passa spente tira un fischio
Ci averte del rischio nah nah
Questi bianchi non mi fermano
Pula non ci ferma bro
Stato non ci ferma no
Anche se la merda la togli rimane la puzza bro
E allora un applauso al giudice indulgente, un applauso al giudice che nonostante la toga si mostra al passo con i tempi e incline alla valorizzazione dei talenti cristallini di casa nostra. Cristallini come Kaprio, situazionista vero, sia pure di rimorchio: gli altri devastano e lui mostra i medi, gli altri postano messaggi minacciosi e lui li pubblica e poi li cancella.
A questa giovane promessa il mondo dell’arte deve l’indulgenza futura in caso di abuso di droghe, e anche a chi artista non è, basterà esibire qualche disegno o uno scioglilingua in rima per passare come tale.
Ispirazione, inspirazione, in fondo che differenza fa?