LA SUPERLOTTERIA DELLA BEFANA

di GIORGIO GANDOLA – Pronti, prontissimi, quasi disperati. I tedeschi hanno tutto per annientare il virus cinese: protocolli dettagliati come il libretto d’istruzione della Porsche; un’organizzazione sempre predisposta come se si dovesse invadere l’Austria; divisioni di medici e infermieri allertati per tempo (da noi Arcuri ha chiuso i bandi il 22 dicembre e se va bene le truppe sanitarie extra arriveranno a fine gennaio); palazzetti, scuole, teatri requisiti per far affluire i cittadini; una cultura dell’ordine che accelera le operazioni e le rende meravigliosamente efficaci.

Peccato che manchino i vaccini. Il problema non è marginale. Le dosi arrivano con il contagocce, ne sono state prenotate poche e Pfizer non riesce a immettere sul mercato un’offerta che possa lontanamente coprire la domanda. Per colmo di sfortuna, gli altri vaccini (Astrazeneca, Curevac, Moderna) non sono ancora stati validati dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco. Per questo Angela Merkel ne ha comprati 30 milioni di frodo bypassando l’Europa. Ma quelli sono in produzione. Così nelle case di riposo dell’efficientissima Germania gli anziani vengono vaccinati tirando a sorte.

Vaccinati a tombola, nomi nei bussolotti e l’infermiera che li estrae fino a quando le dosi non sono finite. C’è una variante più burocratica: l’ordine alfabetico. In quel caso si attende in una sala davanti all’ambulatorio, si parte dalla A e di solito verso la M si comincia a dire: «Ripassi domani o quando Pfizer consegnerà». Nonostante la tifoseria italiana sempre pronta a fare la ola, tira una certa aria levantina anche da quelle parti.

Il caso della lotteria per vaccinare i nonni non è stato denunciato dai giornali rompiscatole, ma da un esperto di politiche sanitarie: Lutz Stroppe, ex segretario di Stato alla Sanità. Ha scritto un tweet personalissimo: “Mia madre di 88 anni vive in una struttura per anziani a Francoforte. La vaccinazione contro il Covid è iniziata questa settimana. Le dosi non sono sufficienti, ora verrà estratto a sorte chi potrà essere vaccinato per primo. Descrivere i miei sentimenti è proibito dall’etichetta”.

La denuncia sociale ha subito percorso il Paese e i commenti al post hanno fatto capire che non si trattava della scelta estemporanea di un direttore sanitario della Rsa fermo ai metodi degli Obersturmführer, ma di una strategia collettiva. Dalla Baviera al Palatinato, racconti simili hanno mandato in crisi la narrazione di suprema efficienza che da marzo (quindi dai tempi della German Flu, nome che i tedeschi davano al Covid per poter differenziare le cause di morte) ci avevano servito a pranzo e a cena.

Ora c’è qualcosa di umano e fallibile nello strano gennaio tedesco. Lo sottolinea anche il presidente della commissione sanità del Bundestag, Erwin Ruddel. “In alcune strutture la dose viene somministrata arbitrariamente dalle squadre di vaccinazione a persone che non rientrano nei parametri di priorità. I paesi devono essere all’altezza delle loro responsabilità”.

La polemica diventa politica e sfiora la cancelliera Merkel, ritenuta responsabile dello scarso accaparramento di vaccini. Nel mirino c’è il ministro della Sanità, Jens Spahn. “Ha sbagliato tutto”, è l’accusa dell’opposizione. “E’ impensabile che a stabilire chi vaccinare per primo sia la sorte”. C’è chi ne chiede le dimissioni.

Vista da qui la storia offre all’alleato germanico due motivi di consolazione. Il primo è la consapevolezza che il vaccino c’è, sta arrivando, e la pazienza resta una virtù perché – non essendo questo un film – le vaccinazioni dureranno mesi, molti mesi. Il secondo sta nel parallelo con l’Italia. Considerando il nostro passo da valzer delle candele non ci accorgeremmo mai della carenza di dosi. Siamo in ritardo su tutto il resto.

 

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