HAMILTON, E DIRE NO?

di JOHNNY RONCALLI – Leggo le dichiarazioni del signor Lewis Hamilton relative all’imminente primo gran premio della stagione e sobbalzo.

“Sono sorpreso di vederci tutti qui, per me è quasi uno choc essere seduti qui in conferenza stampa, tanti tifosi già oggi in pista mentre Trump chiude i confini USA-Europa e l’NBA è sospesa. Il denaro è re”.

Cosa mi sfugge? Il denaro è re, e grazie per l’illuminazione, ma il denaro ha i propri ambasciatori. Se lui è così scioccato, cosa diavolo ci fa seduto a quel tavolo, pronto comunque a prendere il via?

Sì perché poi naturalmente continua: “I test di Barcellona non sono andati male anche se ci sono stati dei problemi di affidablità. Ma i ragazzi del team avranno fatto un buon lavoro, sono fiducioso”.

Peccato, da numero uno qual è si sarebbe ritagliato un posto nella Storia. Gli bastava dire: “Io non corro, fermiamoci qui”. Cosa ha da perdere uno come Hamilton? Così finisce in un altro modo: dovrà accontentarsi degli annali con la a minuscola, vittima della propria prevedibilità.

A volte indignarsi è motivo di imbarazzo. Pare talmente scontato che vien da pensare di essersi persi qualcosa per strada. Deve per forza esserci qualcosa che non ho capito, qualche premessa, qualche implicita, qualcosa che mi è sfuggito e che mi impedisce di rimettere a posto tutto quanto, compresa la mia diffidenza.

Uno però corre i rischi che deve correre e, a costo di apparire più ingenuo di un topolino che scorge il formaggio sulla tagliola, non può che fare la prova del nove e rischiare la berlina.

Può essere che Hamilton domani dica STOP, a chiare lettere. Ma ormai sarà tardi. Magari ci arriva la FIA prima di lui.

Peccato.

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