di ARIO GERVASUTTI – Da quando è iniziata ‘sta storia del Coronavirus m’è venuta la fissa del promemoria. Devo ricordarmi di tante piccole-grandi cose che – quando sarà finita – meriteranno di essere tirate fuori.
Adesso non è il caso, sarebbe sgradevole: anche perché ormai l’hanno capito tutti, perfino i tedeschi, che la pandemia non è una cosa che riguarda i cinesi, così come non è una cosa che riguarda gli italiani. Semplicemente, gli italiani hanno fatto prima ciò che altrove si sono rifiutati di fare: tamponi a raffica, e misure progressivamente drastiche. Tra dieci giorni, è inevitabile, i numeri italiani di oggi saranno quelli di Germania, Francia, Spagna; forse i loro saranno ancora peggiori perché scontano l’aver fatto gli gnorri per un paio di settimane.
Lo hanno fatto convinti di poter lucrare per l’ennesima volta qualcosa dal punto di vista economico sulla pelle degli italiani. Un giochino durato appunto quindici giorni, durante i quali sono avvenute cose – appunto – da promemoria.
Ho visto l’Austria chiudere le frontiere con l’Italia per far passare solo gli austriaci e soprattutto i camion austriaci, con le merci austriache. I camion italiani, rispediti indietro. Come se il virus viaggiasse sulle bottiglie di vino o sulle forme di grana. Legittima difesa dal virus? Non fa ridere. La legittima difesa sarebbe stata quella di ordinare la quarantena a chiunque provenisse da aree a rischio, italiano, cinese, turco, americano o tedesco: ma il promemoria mi ricorda che una simile decisione proposta in Italia quando l’epidemia era circoscritta alla Cina fu definita “fascioleghista”, e quindi va esclusa dalla democratica Europa.
Ho visto tedeschi e francesi offrire solidarietà all’Italia cinque minuti dopo aver bloccato per decreto l’esportazione di mascherine. Ho visto spagnoli e francesi e tedeschi e marocchini (sì, marocchini) vietare i voli da e per l’Italia, tranne quelli con i loro connazionali; e il promemoria mi ricorda che le leggi della navigazione aerea stabiliscono che se una rotta non è occupata per qualche giorno la compagnia aerea perde il diritto di sfruttarla.
E ho visto il parlamento e il governo europeo mobilitarsi subito per cambiare quelle leggi e consentire alle suddette compagnie di ricominciare come se niente fosse, quando sarà passata la buriana, a guadagnare sbarcando turisti a Roma, Milano e Venezia.
Ho visto funzionari europei prendere la calcolatrice per verificare se e quanto l’Italia potrà variare il suo bilancio, mentre negli uffici a fianco altri funzionari ignoravano quanti soldi la Germania poteva bruciare per salvare le sue banche.
Ho visto tante altre cose, che mi sono segnato nel promemoria; e quando ho finito, mi sono detto che l’avrei consegnato a un governante italiano affinché – quando tutto sarà finito – potesse passare all’incasso. Ma mi sono guardato in giro, e non l’ho trovato.