La stampa internazionale ha per lo più ammiccato alla fermezza del presidentissimo nel respingere le critiche per il mancato rispetto dei diritti umani in Qatar, nonché sulle polemiche per la fascia “No one” vietata ai capitani delle squadre, con la dura presa di posizione di Germania e Danimarca. Sull’argomento il monologo di Infantino è un trattato alla Carlo Collodi, un equilibrismo politico rotto da una partigianeria smaccata: “I dibattiti sono bene accetti all’interno della Fifa, dove ci sono diverse culture e diversi modi di vedere le cose, perché la Fifa rappresenta 211 Paesi e ne è orgogliosa. Noi siamo un’organizzazione globale e dobbiamo unirci, non dividerci. Quando parliamo di regolamento, non si tratta di proibire qualcosa, ma di rispettare appunto il regolamento. Che dice una cosa chiara: sul terreno di gioco si gioca a calcio e lì dentro bisogna rispettare le regole del calcio”. Fino alla pennellata finale, un capolavoro di retorica e mistificazione: “Ci sono tifosi che vanno allo stadio e un miliardo di persone che guardano il Mondiale sugli schermi: dobbiamo pensare a loro. Ognuno di noi ha i suoi problemi, ma deve potersi godere lo spettacolo senza pensare ad altro: durante quei 90 minuti le persone possono lasciare da parte i loro problemi e pensare solo alla partita. Poi, fuori dal campo, ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni”.
Ed è così coerente nella sua linea di salvaguardia della balla, pardon, della bolla, di quello slogan dentro cui da tempo ha chiuso il senso retorico della sua organizzazione (“Il calcio è del popolo”), da non trasgredirla nemmeno davanti alla richiesta del presidente dell’Ucraina. Già: Volodymyr Zelensky aveva chiesto di condividere un messaggio di pace nel mondo prima del calcio d’inizio della finale dei Mondiali. No, grazie, ha risposto la FIFA: la gente deve pensare alla partita, deve lasciare fuori dagli stadi pensieri, preoccupazioni, paure. Fifa, insomma.
Dulcis in fundo, alla faccia di presidenti, allenatori e giocatori che chiedono – evidentemente non troppo risoluti, non come chi li rappresenta quanto meno – un calendario più snello, con meno partite e dunque meno infortuni, Infantino annuncia trionfante il Mondiale per club a 32 squadre: “Questo torneo porterà nuovi introiti, che non abbiamo calcolato nel prossimo bilancio quadriennale, sarà un ulteriore fonte di sostegno per il calcio nei Paesi dove è in via di sviluppo”, conclude in estasi. Con il Mondiale per Nazionali a 48 squadre, più coppe, coppette e coppettine che includono le squadre dei campionati dalla vincitrice alla settima/ottava classificata, le manifestazioni internazionali non sono ormai più una selezione, un’élite, un privilegio, ma un calderone che produce quattrini su quattrini su quattrini. E non importa dove: Infantino sa scovare paradisi terrestri ad ogni latitudine, specie se orientale, e già annuncia l’apertura delle competizioni in Marocco e poi di nuovo in direzione Emirati.
La buona notizia è che non ci libereremo presto di questo paladino della giustizia, della democrazia, della trasparenza, del progresso pallonaro. Il presidente della Fifa, che il 16 marzo al congresso di Kigali in Ruanda verrà rieletto certamente in quanto candidato unico, ha chiarito che il consiglio ha deliberato ciò che già si sapeva: tecnicamente quello attuale è il primo mandato quadriennale di Infantino, subentrato in corsa nel 2016: “Il 16 marzo a Kigali comincerà il mio secondo mandato. Il limite è di 3”.
La sua intenzione, dunque, è arrivare fino al 2031. Quando forse sarà riuscito a realizzare il suo grande sogno, il suo meraviglioso obiettivo: 365 giorni di calcio l’anno, 365 giorni di incassi sfrenati, 365 giorni di beatitudine celeste.
E’ difficile sentire commento più marchettaro e autocelebrante di quello di questo esimio Presidente. Eppure, non una piega, esattamente! Quando la comunicazione riesce ad orientare pensieri e parole! Viene il sospetto di stare in una bolla di idiozia mondiale, viene il sospetto che le cose vadano proprio così, come ci appare. Complimenti a questo signorotto perbene che fa del contro moralismo da 4 soldi quando in tasca ne ha a bizzeffe. Lui i problemi dell’umanità li prende a calci, come un pallone.