Sarà poi verissimo che, come ironizza lo stesso Fusaro, sono queste le “libertà dell’Occidente buono e angelico” dalle quali dovremmo guardarci.
Un solo, piccolissimo problema: di là, in Russia, gli stonati che volessero staccarsi dal coro del pensiero unico putinianamente corretto non solo non hanno accesso ad alcun tipo di convivio alimentare, ma finiscono puntualmente in prigione.
Credo che lo stesso Orsini tra uno sventramento e l’altro sia in grado di apprezzare la differenza; chissà se sarà in grado di farlo il variegato schieramento di politici e intellettuali che gli ha espresso solidarietà. Sarebbe importante saperlo perché, senza trascurare di opporsi con giudizio alle nostre censure quotidiane, occorre in questi frangenti tenere la barra a dritta (o a mancina, dico per par condicio) e riflettere bene su quel che si dice e su quel che si sostiene: mantenere in vita il teatrino del talk show (tanto più se si può cogliere l’occasione di farlo attraverso i toni virtuosi e grandiloquenti di chi difende la libertà di espressione) è importantissimo, per carità, ma leggere di tanto in tanto quel che davvero capita dalle parti di Mosca è altrettanto istruttivo ed edificante.
Tanto più che non ci vuole una gran ricerca: proprio nei giorni scorsi Alexei Navalny, considerato il principale oppositore di Putin, è stato condannato a nove anni di reclusione (per “frode”), condanna che si aggiunge a quella di due anni e mezzo che sta già scontando, condanna che la guerra ha fatto passare troppo velocemente in secondo piano, fino a sparire. Non solo: Navalny è apparso davanti alle telecamere a circuito chiuso del tribunale in uno stato fisico precario: pallido e smagrito. Va forse ricordato che Navalny, personaggio a sua volta discusso ma instancabile nel denunciare la corruzione del regime di Putin, ha già subito un tentativo di avvelenamento.
E’ pur vero che Orsini stesso, in tv, appare alquanto smagrito, ma non c’è dubbio che, a sentire certi talk show, quelli che rischiano l’avvelenamento siamo noi, non certo lui.