UNA GIUSTIZIA RIPARATIVA CHE SA MOLTO DI SCOMMESSA AZZARDATA

La notizia è questa. E’ stato ammesso alla giustizia riparativa Davide Fontana, il bancario condannato in primo grado a 30 anni per l’assassinio, lo smembramento e l’occultamento del cadavere di Carol Maltesi, uccisa a Rescaldina, nel Milanese, l’11 gennaio 2022.

La notizia prosegue con l’aggiunta che la decisione della corte di Assise di Busto Arsizio parte comunque in salita. I parenti di Carol Maltesi hanno già affermato che non intendono per nessun motivo incontrare Davide Fontana.

Quando si sente parlare di situazioni così vengono subito in mente altri casi simili, alcuni diventati, per vari motivi, famosi. Mi ha sempre impressionato sentire Adriana Faranda e Agnese Moro parlare insieme, raccontare non solo l’assassinio di Aldo Moro, ma anche il loro faticoso percorso di avvicinamento. Quando si vedono le due donne così diversamente famose, si misura, comunque, anche dal loro aspetto fisico, il molto tempo che è trascorso. Non c’è quasi più nulla nella Faranda ingrigita di oggi di quello che si vedeva della ragazza di allora, capelli nerissimi con la frangia che le copriva la fronte. Ed è persino difficile trovare foto di una Agnese Moro poco più che ventenne che ha dovuto affrontare il dramma inimmaginabile dell’uccisione del padre. E’ passato molto tempo da allora ad oggi e, solo perché è passato, le due protagoniste hanno faticosamente elaborato i loro sentimenti. Agnese Moro parla di una ferita ancora aperta, ma il tempo trascorso le permette di parlare con quella che ha contribuito ad aprire quella ferita.

Nel tipo di partecipazione della Faranda all’esecuzione di Aldo Moro c’è una motivazione, discutibile, discussa e riprovata, di una certa ideologia rivoluzionaria. Il motivo era assurdo, ma c’era.

Nel caso, invece, di Davide Fontana è difficile intravedere una qualche forma di motivazione. Ammazzare una donna, fare a pezzi il cadavere e occultarlo è una serie di “gesti” dissennati, uno più dissennato dell’altro. Nel caso di Faranda e di Moro si può parlare di una follia politica. Nel caso di Davide Fontana si può parlare solo di follia.

Di conseguenza, in questo secondo caso, c’è meno politica e c’è meno clamore pubblico, ma chiede un percorso molto più lungo e difficile: non c’è un punto di partenza chiaro e quindi diventa difficile immaginare il punto di arrivo sicuro.

Ho l’impressione, da osservatore molto esterno, che il giudice sia mosso da una motivazione ideologica: vuole essere un educatore superiore a una superiore giustizia. Ma, oltre a non esserci presso l’opinione pubblica uno spazio, anche piccolo, di cultura che faccia capire un esperimento così difficile, si tenta l’impegnativa esperienza di giustizia riparativa con un caso decisamente fuori dall’ordinario. Non solo ti insegno come fare giustizia riparativa, ma ti chiedo di farlo con il caso più “impossibile” che si possa immaginare.

Di conseguenza non mi meraviglierei se il percorso pensato dalla corte di Assise di Busto Arsizio risultasse non percorribile. Siccome si punta a scalare una parete altissima, liscia e senza appigli, può succedere che qualche scalatore non parta o che si fermi a pochi metri da terra.

E non me la sentirei di buttare la colpa addosso ai familiari di Carol Maltesi. I gesti che aprono strade grandiose esigono una grandiosa forza d’animo, un eroismo dell’anima. Qui è probabile che non ci sia. Non è il caso di fare gli scandalizzati. E’ più onesto prendere atto.

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