NOI A SANREMO, OBTORTO PROTOCOLLO

di FRANCESCO BOZZI e PIERLUIGI MONTEBELLI – È finito… È davvero finito da poco l’evento mediatico per eccellenza della tv italiana. Chi scrive aveva il nome nei titoli di testa, un privilegio. Ma possiamo assicurare che dal 2 al 6 Marzo abbiamo vissuto con l’elmetto in testa, come in un fumetto di Sturmtruppen!

Sanremo è l’evento in cui tutto è amplificato, in cui una semplice battuta si trasforma in interrogazione parlamentare, in cui succede tutto ed il contrario di tutto, in cui Orietta Berti si è fatta inseguire dalla Polizia e i Maneskin hanno pianto come un vegano davanti ad un filetto al sangue.

Quante cose sono state dette prima, pubblico sì, pubblico no, teatro al chiuso sì, teatro al chiuso no, protocolli rigidissimi da seguire.

E non c’è niente da fare, se vuoi che il Festival si faccia devi seguire le regole, che ti piaccia o no: tampone ogni 72 ore, uso della mascherina FFP2 h24 (ci sono stati addirittura non fumatori che hanno cominciato a fumare pur di avere la scusa di levare per qualche minuto la mascherina), disinfettante per le mani ad ogni piè sospinto. Chi ha fatto Sanremo lo riconosci, perché non ha più le impronte digitali, ormai abbiamo gli arti palmati come le anatre.

Per cui canticchiando un “Banane e Tamponi” di morandiana ispirazione, ogni tre giorni ti recavi al tracciamento. Il nostro pass era così pieno di informazioni che  potevi entrare anche al Pentagono (non diciamo Capitol Hill, perché è stato dimostrato che Lì bastava un elmo con le corna ed avevi libero accesso).

Sanremo, unica zona rossa in tutta la Liguria, che di solito nella settimana del Festival sembra il sambodromo di Rio, era deserta come le piste da sci di Cortina in questi giorni.

Però, accanto alla musica, ai lustrini e alle paillettes, l’evento Sanremo dà lavoro a migliaia di persone, sia dentro il Festival, sia attraverso l’indotto che produce.

E questo ci spinge ad una riflessione: perché la politica italiana non prende ad esempio il protocollone sanremese per provare a far ripartire l’economia e la vita delle persone? Perché non aumentare i soggetti con tampone, fornire loro una sorta di lasciapassare per andare al ristorante, nei teatri, sulle piste da sci, o in palestre adeguatamente sanificate?

È comprensibile che tutte queste misure precauzionali non siano facili da accettare, ma possono essere un primo passo per un ritorno alla normalità e per riappropriarci pian piano delle nostre libertà, per cui viva i controlli precauzionali anche se obtorto collo, anzi obtorto protocollo.

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