INFLAZIONE, PAURE INUTILI E PAURE VERE

L’inflazione è quella brutta bestia che abbiamo aspramente combattuto negli anni ’70 e ’80 e da cui speravamo di esserci liberati entrando nell’Euro, una moneta forte, stabile, governata “alla tedesca”. Altro che la liretta, esile fuscello esposto alle tempeste delle oltraggiose fortune dell’economia mondiale e delle turbolenze interne.

L’inflazione è il ripetuto aumento dei prezzi. Ci fa male perché riduce il potere d’acquisto del nostro reddito, erode il valore dei risparmi, aumenta l’incidenza delle imposte, rende più onerosi i debiti e più rischiosi gli investimenti, causando disoccupazione.

Quella brutta bestia sta tornando? Fra il 2003 e il 2012 nell’area euro è stata in media all’1,7%, nei 7 anni successivi è rimasta fra lo 0,9 del 2016 e l’1,7 del 2019. Ma nei primi mesi di quest’anno abbiamo assistito a una raffica di aumenti davvero forti e inusuali, a partire dall’energia, dalle altre materie prime, fino ai materiali di costruzione. Effetto dell’alluvione monetaria scatenata da Draghi nel 2012 e proseguita fino a oggi? La nuova presidente della Bce Christine Lagarde non si mostra preoccupata: “E’ un fenomeno passeggero – ripete – un incidente di percorso post pandemia destinato a riassorbirsi presto”. Le aspettative di inflazione implicite nei tassi di mercato lo confermano. Ma cosa sta succedendo davvero?

Secondo il Fondo Monetario Internazionale – il report è proprio di queste ore – l’aumento dell’inflazione è dovuto “in larga parte al disallineamento fra domanda e offerta indotto dalla pandemia e all’aumento dei prezzi delle materie prime”. In parole più semplici, l’anno scorso c’è stata la brusca interruzione dell’attività produttiva a causa del Covid. Questo stop si è verificato dapprima in Cina. La ripartenza è avvenuta a macchia di leopardo, in tempi e con intensità diverse nelle varie aree geografiche. Siccome la produzione è ormai globalizzata, un’auto a marchio tedesco è prodotta nella Repubblica Ceca o in Polonia, con componenti provenienti da una dozzina di paesi di tutto il mondo. Se uno stabilimento in Malesia è stato chiuso per la pandemia, non ha potuto inviare i pezzi in Polonia e la casa automobilistica deve ritardare la consegna. Ecco cosa è il disallineamento fra domanda e offerta. Ed è capitato per tantissime cose: legno, materie prime, microchip, perfino i noli delle navi da trasporto. Ed è fatale che se la domanda eccede l’offerta i prezzi salgano.

L’opinione prevalente è che la pressione inflazionistica scomparirà con la normalizzazione delle filiere produttive, cioè quando tutti i protagonisti delle catene produttive si sincronizzeranno di nuovo.

C’è da crederlo? La spiegazione sembra convincente. Si tratterebbe di un episodio di inflazione da domanda, destinata a riassorbirsi in modo spontaneo e in tempi brevi.

A me però resta un forte timore: il ritorno dell’inflazione monetaria, quella generata dall’enorme immissione di denaro avvenuta in questi 10 anni di politica monetaria iperespansiva. Dove andrà a finire quella ingente massa di liquidità? Diventerà il combustibile di una futura fiammata inflazionistica?

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