PURTROPPO IL MONDO DI GORBACIOV E’ MORTO PRIMA DI LUI

E’ morto un altro mito: Mickail Gorbaciov. Ma è un mito un po’ particolare. Un mito moderno. Quando si parla di miti moderni viene in mente immancabilmente Roland Barthes con il suo notissimo studio “Miti d’oggi”. In termini semplici si potrebbe dire che il mito è una “parola” – tra virgolette perché è anche personaggio, comportamento, rito, azione – una parola che racconta una situazione tipica di oggi in maniera esemplare, che apre prospettive, speranze, sogni, anche. Qualcosa o qualcuno in cui una società si riconosce e si specchia.

Gorbaciov, mi pare, è stato un personaggio mitico, esemplare per una lunga generazione del secolo scorso. Che abbia dato corpo a un sogno planetario è stato evidente. I meno giovani tra di noi si ricordano che cosa hanno significato parole come glasnost, perestroika… e che cosa hanno significato in rapporto al personaggio Gorbaciov. Quelle parole erano lui e lui dava corpo a quelle parole. Insieme, il personaggio e le parole che lo annunciavano, portavano con sé l’idea di una possibile società nuova: la vecchia URSS finiva, si chiudeva la guerra fredda.

Gorbaciov è stato per tutti noi uno di quei personaggi di cui è stato ricco il secolo scorso: personaggi capaci di chiudere un passato e di aprire un futuro diverso. Futuro così nuovo che spesso si faceva fatica a immaginarlo. E si aveva perfino la sensazione che gli stessi protagonisti non sapessero esattamente come dovesse essere quel futuro che loro avevano contribuito a far nascere. Gorbaciov, infatti, ha dato la sensazione di faticare a delineare i grandi progetti per il suo paese.

Anche con questi limiti, Gorbaciov è personaggio di quella fase della nostra storia, diversa dalla storia che siamo chiamati a vivere oggi. Se si volesse ridurre tutto a una forse avventurosa sintesi, si potrebbe dire che il politico Gorbaciov ha soprattutto chiuso con il passato. Poi ha cercato di aprire un futuro, con un po’ di confusione e con molte difficoltà.

La figura dominante del politico di oggi, invece, si preoccupa non di chiudere il passato, ma di conservarlo. È la figura del populista. Ma non solo. In mezzo a tutte le crisi che stiamo attraversando, anche il politico popolare tende più a rassicurare che a fare rivoluzioni.

In particolare, nel paese dove Gorbaciov è stato protagonista, Putin pensa al passato come al tempo esemplare per il suo paese. Ma non il passato comunista dell’URSS, con cui Gorbaciov ha fatto i conti, ma a quello ottocentesco degli zar. Gorbaciov aveva chiuso con coraggio al passato comunista e proprio per questo era popolare in Occidente e impopolare, al limite dell’odio, in patria, tanto da morire tra gli insulti. Putin, che sogna il passato zarista e fa la guerra in Ucraina per obbedire a questo sogno, è impopolare in Occidente, al limite dell’odio, e popolare in patria.

Le grandi società hanno smesso di sognare e pensano non a un futuro radioso, ma a un passato rassicurante. Gorbaciov e il suo mondo sono proprio morti.

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