di CRISTIANO GATTI – Magari è solo la prima impressione, magari sono frettoloso nei giudizi, ma è anche vero che tante volte la prima impressione è quella giusta, non solo sulle persone.
E allora nessun problema a riconoscerlo: parlando dalla Lombardia, in piena zona rossa, posso tranquillamente testimoniare che di rosso non c’è proprio nulla. A essere proprio rigorosi, la definirei una zona rosa.
Basta affacciarsi alla finestra, basta scendere in strada, basta avventurarsi nei quartieri, basta anche solo guardare qualche filmato sui siti internet o alla televisione: il mondo non si è fermato. Nemmeno qui, nella zona più chiusa d’Italia. Se non fosse che tutti abbiamo ancora fresca nella memoria l’immagine della desolazione e nelle orecchie il silenzio di aprile, potremmo anche credere al lockdown draconiano. Ma proprio perchè ricordiamo bene, il confronto è facile e immediato: niente a che vedere con quell’angoscia spettrale. La gente va in giro – per i suoi mille motivi, con le sue brave autocertificazioni -, i negozi sono in maggioranza aperti, macchine e furgoni e pullman comunque circolano in ottima quantità. I controlli? Per favore, siamo seri: sono minacciati, ventilati, ipotizzati. Ma niente di paragonabile neppure loro. Dopo tutto, qui è il presidente regionale per primo a definire questa nuova chiusura “uno schiaffo alla Lombardia”. E comunque bisogna pur riconoscere che persino i vigili siano sfiancati, dopo tutti questi mesi. Sempre meglio stare blandi, con questa paura che circola di rivoluzione popolare.
In definitiva, e spiace per loro, gli unici in zona rossa per davvero, genere marzo-aprile, sono i ristoratori. I baristi no, attenzione: tantissimi di loro sono aperti con l’asporto. Confesso la mia esperienza: sono andato al solito bar e ho preso il solito caffè, che da mesi prendevo fuori. L’unica differenza: bicchierino di cartone. E qualche passo in più per non stazionare proprio lì sulla porta. Ma in tutta onestà non posso proprio dire che sia una pesante mutilazione delle mie abitudini quotidiane.
La domanda è inevitabile. Una sola. Funzionerà questa zona rossa, anche se è solo rosa? Noi, qui, nel cuore di Lombardia, cioè dell’Italia chiusissima, speriamo ovviamente di sì. Ma è solo una speranza. Tra quindici giorni se ne riparla. Quelli che non finiscono in terapia intensiva.