José Mourinho ha esposto il tesserato alla berlina che, per significato etimologico, era l’antica pena che consisteva nell’esporre al pubblico il condannato illustrandone il reato con bando e cartelli su un palco rialzato. Il portoghese ha detto che da un mese il calciatore Zaniolo gli ha chiesto di non utilizzarlo perché non si sente nella condizione psicologica giusta.
Premesso che il professionista, intendo il calciatore, che avanza una tale giustificazione rivela una fragilità caratteriale preoccupante, la scelta dell’allenatore-dirigente-responsabile tecnico di mettere in pubblico la questione, è la manifesta esibizione, già conosciuta, di un ego superiore ai fatti e, in contemporanea, di una totale noncuranza del patrimonio del club e della situazione privata del calciatore. Va da sé che esporre, in un ambiente come quello romano e romanista, il caso Zaniolo, porta i facinorosi, già noti per gli ultimi accadimenti autostradali con i gentiluomini napoletani, a scatenarsi come sanno e come possono.
Zaniolo non giocherà più nella Roma, ma non riesce a vivere a Roma e questo non preoccupa affatto il portoghese allenatore o i Friedkin titolari della ditta giallorossa. E’ una bella pagina del libro “come non comportarsi in pubblico quando si tratta un fatto privato”, edito da qualunque azienda o società.
Il ragazzo ha colpe sue, di comportamento, di spavalderia, di educazione, ma il tecnico e il club sono colpevoli di un comportamento inelegante e inopportuno. Totale: Zaniolo si troverà un nuovo domicilio, per sicurezza propria, e una nuova squadra, per la propria carriera; la Roma e Mourinho cercheranno un sostituto e il popolo giallorosso applaudirà l’epilogo di questa commedia.