QUI LONDRA, LA MADRE DI TUTTE LE DOMENICHE ITALIANE

di LUCA SERAFINI – Lì per lì, io me la sono goduta e basta. Da matti. Per un appassionato di tennis e malato di calcio, capirai… Matteo Berrettini primo italiano della storia in finale a Wimbledon e la Nazionale azzurra in finale a Wembley, la stessa domenica 11 luglio 2021, incredibile.

Una sorta di alchimia magica, un evento che sarà vissuto soltanto da questa generazione, quando mai ti ricapita. Una doppia libidine, una montagna di adrenalina da buttare in circolo dalle 14.30 per 8 o 9 ore in una giornata che resterà comunque indimenticabile. Cos’altro c’era da aggiungere, a parte tutti i riti scaramantici conosciuti, possibili e immaginabili per esorcizzare il tormento dell’attesa? Pensa se facciamo la doppietta… Mah, insomma, speriamo di portarne a casa almeno una. Chi tra Berrettini e Mancini ha più chance? Ecco, la frenesia stava tutta qui, circoscritta all’ansia della doppia vigilia.

Invece no. Prima arriva il messaggio di un collega, poi quello di un amico, infine quella di qualche follower sconosciuto: “Però, che sfiga Berrettini…”. Ma come che sfiga? È il primo italiano della storia in finale a Wimbledon, il Mondiale del tennis! Come che sfiga? “Be’, sì, dai, la Nazionale si prende trequarti di copertina, le aperture dei telegiornali, 20 pagine sui quotidiani. A Matteo se va bene un quarto di copertina, 3 o 4 pagine, il quinto o sesto o settimo servizio dopo quelli sulla formazione, sulle interviste al Mancio e a Chiellini, le dediche a Spinazzola, gli italiani in giro per Londra, quelli sulla spiaggia, i parenti dei giocatori, un bel pezzo storico sulle altre 2 finali nel 1968 e nel 2012. Ecco, poi finalmente dopo un quarto d’ora di notiziario arriva il pezzo su Berrettini contro Djokovic”. Sì, va bene, ma chissenefrega scusa: il primo italiano della storia in finale a Wimbledon. “Eh, ma il pomeriggio la gente starà al mare, sai come va: cosa sta facendo Berrettini? Guarda su Google… Stai attento che non vada la sabbia sul cellulare. La sera invece bar e piazze piene, strade deserte, bandiere, trombe e poi magari caroselli. Se Berrettini vince Wimbledon alle 5 della sera, chi vuoi che vada in giro a festeggiare?”
Eccomi qui, frustrato e confuso. Lì per lì me l’ero goduta e basta, adesso mi hanno rovesciato addosso questo tarlo: “Che sfiga Berrettini però…”. Frustrato e confuso? No, non ci casco. Me ne frego. Non posso, non voglio stare a pesare l’entità di due imprese pazzesche.
Una appartiene a questo ragazzo dal volto rubato al cinema, educato ed elegante, tenace da apparire invincibile, fidanzato con una splendida tennista di Zagabria (Ajla Tomljanovic), 3 anni più grande di Matteo che ne ha 25. L’altra è la scalata di una squadra che ha già macinato più record di qualsiasi altra Nazionale azzurra in più di un secolo e che adesso brama famelica la ciliegina, anzi la torta che premierebbe un gruppo di ragazzi sui quali credevano in pochi, messi insieme da un allenatore capitato lì quasi per caso, scelto da Billy Costacurta mentre commissariava la Federcalcio con Giovanni Malagò, all’indomani dello scempio di Ventura che ci ha buttati fuori da un Mondiale. Questi ragazzi Roberto Mancini li ha centrifugati in una girandola di convocazioni che non finiva più, fino a metterne insieme 11 con cambi chirurgici e simmetrici per non spostare il minimo equilibrio, in un impianto perfetto persino nella buona sorte.
Berrettini è il primo tennista italiano di sesso maschile (considerato il più forte di tutti i tempi sull’erba) ad avere raggiunto almeno gli ottavi di finale in tutti i 4 tornei del Grande Slam, spingendosi fino alla semifinale negli US Open del 2019 e adesso in finale a Wimbledon. La Nazionale ha dei numeri da far impallidire l’epopea di Pozzo, Bearzot e Lippi. Hanno in comune di non aver ancora vinto un trofeo grandioso (anche se il palmares del tennista sembra i titoli di coda di un kolossal americano). Il Mondiale del tennis e gli Europei di calcio, eccoli lì, uno dopo l’altro.
Mi spiace per voi, mi avete intrappolato nella vostra melassa sofistica soltanto per pochi minuti. No, mi spiace, non trovo nessuna sfiga in Berrettini nel giocare una finale lo stesso giorno e a 6,8 miglia di distanza rispetto alla finale dell’Italia del calcio. Sempre e solo di Italia si tratta, con una pallina e un pallone. La storia è storia: io che la vivo sul divano e posso solo raccontarla, da Wimbledon a Wembley me la godo come un bambino, domenica 11 luglio 2021. Voi fate un po’ come vi pare.

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