WEMBLEY, UN ANNO DOPO: AGLI AZZURRI RESTANO SOLO I TATUAGGI

Basta una controllatina ai numeri di maglia e al contenuto: Argentina, numero 10, Lionel Messi; Italia, numero 10, Federico Bernardeschi. Altre novità?

Correggo i Righeira che furono: L’Italia sta finendo e un anno se ne va. Così stanno le cose, Wembley punto d’arrivo trionfale nel duemila e ventuno, Wembley binario morto nel primo giorni di giugno del duemila e ventidue.

E’ successo di tutto ma in verità non è successo proprio niente, perché quelli eravamo, tra un rigore e l’altro, quelli siamo tornati, sempre tra un rigore e non, dieci partite, quattro pareggi, tre vittorie, tre sconfitte, soprattutto l’indigestione di Macedonia che non è stata e non sarà mai assorbita e soprattutto dimenticata, tipo Pak Do Ik e la Corea del ‘66.

Mancini fa parte del nuovo sistema governativo del calcio, contratto a tempo indeterminato per tutti, di solito dopo le disfatte ci si mette da parte, vedi alla voce Prandelli e Ventura, ma così non gli pare e allora avanti verso la Nation league contro Germania, Ungheria e Inghilterra, pronte a svergognarci come hanno fatto i ballerini di tango a Wembley.

Vedo soltanto nubi, Scamacca e Rsspadori, Berardi e Chiesa, Verrati e tale Gnonto possono essere gli uomini del rinascimento? La propaganda pentole di Coverciano e via Allegri assicura che da oggi si cambia. Non si sa bene per dove e per chi. Qualcuno rivorrebbe Balotelli, altri propongono di insistere su Bernardeschi, siamo un outlet ma di prodotti senza la dop e la doc, cenci spacciati per sete.

Catastrofista? No, mi limito a osservare quello che passa la serie A, stranieri mille, molti dei quali in età da villa Arzilla, ma ottimi e abbondanti per i nostri ritmi, giovani promesse riconoscibili per i tatuaggi più che per il tocco palla. Segnalo la nuova divisa ufficiale del gruppo Italia, grigio ferro, il colore che riassume l’andazzo. Tra un quadro e l’altro, il grande Kandisky, guardando la tavolozza, sentenziò: “Il grigio è silenzioso e immobile, è l’immobilità senza speranza”.

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