VERGOGNOSO, L’UNICO RISTORO BOCCIATO E’ ALLE FAMIGLIE DEI 369 MEDICI MARTIRI DEL COVID

L’idea c’era ed era sacrosanta, pareva giusta e anche bella. Riconoscere un contributo, che qualcuno chiamerà ristoro, alle famiglie dei 389 medici caduti per la causa Covid.

L’idea arriva in Senato e il Senato, con maggioranza definita “trasversale”, nega il contributo, mostrando al Paese, per l’ennesima volta, la sua faccia peggiore. Trasversale sarebbe a dire che non c’è una parte con la quale prendersela, tocca prendersela un po’ con tutti. Una delle motivazioni pare appellarsi alla necessaria conformità tra entrate e uscite, sarebbe a dire che non si può scialare con questi cavolo di contributi, scherziamo?

Già l’ammontare degli sprechi nelle spese statali ammonta a qualcosa come 200 miliardi di euro all’anno, il doppio dell’evasione fiscale si stima, non vorrai metterci sopra il bonus del riconoscimento alle famiglie dei medici morti, diamine!

In fondo sono morti, che cambia a loro e alle loro famiglie? Nulla, questo è altrettanto sacrosanto. Le famiglie probabilmente nemmeno se ne curano, niente e nessuno riporterà in vita i loro cari martiri del Covid e nessun contributo potrà riempire il vuoto e alleviare la pena. Però sarebbe stato un segno, anche di civiltà e gratitudine.

Ma che vogliamo pretendere, mesi e mesi a inneggiare agli eroi e poi conta di più riaprire le discoteche, spalancare gli stadi, togliere le maschere e quel che è stato è stato. Va bene, così va il mondo, però vorrei ricordare che è vero che ora i medici non cadono come foglie in autunno, ma nel 2020, mentre noi stavamo rintanati in casa terrorizzati, loro avevano dimora fissa nell’occhio del ciclone, senza vaccini, con protezioni di fortuna, esposti al massimo del possibile contagio, perché il contagio dovevano incontrarlo per forza.

Gli infermieri già hanno avuto un assaggio del succulento contributo che lo Stato ha riservato loro per i rischi e le infinite ore prestate oltre il turno regolare, credo siano grati per la decina di caffè in più che hanno potuto permettersi grazie al riconoscimento statale. I loro occhi ancora brillano per la commozione.

Riusciamo a stanziare fondi per i monopattini, per le cargo bike a pedalata assistita, qualunque diavoleria esse siano, per la sostituzione dei sanitari in ceramica, per la ricorrenza dell’ottavo centenario del primo presepe storico, per infinite iniziative locali e per le cause più assurde grazie allo spirito di campanile dei politici di quartiere, anche se di stanza a Roma, ma non riusciamo a decretare la giustezza, sia pure inadeguata e incongrua per difetto, di un contributo alle famiglie di chi ci ha lasciati nel tentativo di salvarci, in estrema coerenza con la scelta di vita che avevano compiuto.

Non se ne parlerà, le famiglie non se ne cureranno giustamente, perché altrove è riposto il loro patimento, ma il Senato, letteralmente il consiglio degli anziani e quindi dei saggi, non crede sia giusto procedere.

Niente che possa cambiare le sorti di una Paese, ma una cosa in più, l’ennesima, di cui non andare fieri.

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