VADAVIALVAR

Uno a uno non fa male a nessuno. La cantilena di infanzia stavolta non vale. Anzi fa male. All’Inter che ha buttato via la possibilità di mettere tensione al Napoli che giocava un’ora dopo, al Milan che aveva il derby in mano ma ha avuto paura di non farcela e si è rannicchiata dunque offrendosi al pari, al Napoli che, dopo il risultato di San Siro, già pensava di avere consolidato il primato, ma Conte, come Conceiçao, ha tirato su le coperte concedendo il gol alla Roma, che aveva tenuto a riposo i titolari per poi capire che i napoletani potevano essere raggiunti anche prima dell’ultimo minuto. Idem per l’Atalanta, scarica dopo l’impresa di Barcellona e priva di Lookmann è andata in affanno con il Torino.

Strano ma vero hanno pareggiato tutte tranne quella abbonata all’X, la Juventus che ha spezzato le reni all’Empoli nonostante Thiago Motta.

Su tutto si muove la nuvola tossica degli arbitri e del Var, sistema che ha trasformato il gioco non nel senso di una giustizia vera ma di una giustizia a seconda dei giudici, quelli in campo e quelli che dimorano a Lissone, un centro poco spaziale ma più vicino ad un ospizio.

Viste decisioni al limite dello scandalo, in altri tempi si direbbe e si scriverebbe del Grande Vecchio, probabilmente questo è ridotto ad umarell, fa compassione, mentre è la squadra degli arbitri a zigzagare sul regolamento, imprevedibili, inaffidabili, incoerenti, tra offside e rigori, spinte e pestoni, mani sempre più eccentrici, football spezzettato: totale mediocre, tecnico e agonistico. Si procede, tra recuperi, Coppa Italia, play off, non c’è un attimo per la lettura di un libro, nemmeno di un rebus della settimana enigmistica.

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