VACCINI AI DISABILI, VERGOGNA NAZIONALE

di JOHNNY RONCALLI – La notizia innanzitutto. Secondo l’ultimo DPCM, in caso di ricovero causato dal COVID, viene riconosciuto il diritto ai disabili di poter contare su una persona che possa stare al loro fianco durante la degenza e prestare loro assistenza.

Finalmente, viene da dire, un atto di civiltà, la possibilità di poter contare su una persona di fiducia che fornisca rassicurazione, assistenza e possa farsi interprete delle esigenze dei ricoverati, a maggior ragione laddove vi sono difficoltà comunicative conclamate.

Un atto di civiltà, certo, ma quanto c’è voluto per arrivare a questo? Più di un anno, qualche morto, infinite situazioni drammatiche nemmeno immaginabili, sedazioni ritenute inevitabili di fronte all’incomunicabilità tra il pur impagabile personale sanitario e le persone disabili.

Sangue, sudore e lacrime, non è fuori luogo rievocare lo storico trittico. Quanta fatica, quanta disperazione, quanta apprensione, quanta lotta da parte dei genitori, delle famiglie, delle loro associazioni.

Un atto di civiltà, si diceva, ma poi nemmeno tanto, perché un paese davvero civile, da subito, in prima battuta, fin dall’inizio di questa maledizione avrebbe dovuto fare il possibile perché le persone disabili non ci arrivassero al ricovero in quelle condizioni, sole, bendate di fronte all’ignoto. Non c’è film, non c’è immaginazione che possa provare a rappresentare una tale discesa agli inferi. Un tale sconquasso.

E non basta, perché un paese civile degno di questo nome, da tempo avrebbe dovuto fare il possibile e l’impossibile affinché le persone disabili non ci arrivassero proprio al ricovero, nell’unico modo che conosciamo: rendendo prioritaria la somministrazione del vaccino, fin da quando si è resa disponibile la prima dose.

E invece nulla. Ora il neo ministro per le disabilità, Erika Stefani, ci fa sapere di aver inviato una lettera al collega ministro Speranza, “per sollecitare la platea delle persone con disabilità che dovranno avere insieme ai loro familiari, caregiver e assistenti personali, la priorità nella vaccinazione”.

Una lettera, nientemeno: va bene, va benissimo. Siamo al momento nel campo delle buone intenzioni. Tre mesi dopo l’inizio della campagna-vaccini cominciano a sospettare che forse, magari, i disabili andrebbero vaccinati prima, per evitare lo sconquasso.

Possiamo dire che tutto questo rende lividi di rabbia? Dopo un anno e passa, una lettera, una sorta di timida alzata di dito, non proprio un tentativo di ingiunzione. Vien da ironizzare, amaramente, visto il tema vien da Sperare che la lettera non sia la H, la lettera muta.

Qualche giorno fa, su “La Stampa”, Gianluca Nicoletti sollevava a sua volta il problema, facendo riferimento al potenziale ricovero del figlio, cercando di far comprendere cosa possa significare per una persona autistica vedersi trasportata in ospedale, sola, vedersi magari calato un casco in testa, vedersi intubato, vedersi e sentirsi di fatto violentato. Diceva Nicoletti, qualora toccasse a me vaccinarmi, mi presenterei con mio figlio e direi che la mia dose di vaccino la cedo a lui, chi avrebbe il coraggio di opporsi? Tranquillizzo Nicoletti, si fa per dire, qualcuno troverebbe certamente. Ma a questo si deve arrivare?

Qualsiasi ammenda giunga ora è un atto di civiltà al condizionale. Arriva ma avrebbe dovuto arrivare, c’è ma avrebbe dovuto esserci. Prima, molto prima. Subito, senza la minima macerazione. E comunque il vaccino ancora non si fa ai disabili, e il civilissimo paese viene mestamente umiliato da iniziative come quelle del novantunenne Giovanni da Massa Carrara, pronto a cedere la sua dose di vaccino alla mamma di un disabile.

Ora poi, nessuno osi piantare un vessillo politico su questa schifosa vicenda. Perché fino a ieri a nessuno è mai importato nulla delle sorti dei disabili in epoca Covid, sia chiaro. A nessuno di qualsiasi schieramento politico. Ora chi deve fare faccia, e ci risparmi qualsiasi rivendicazione.

E a proposito di rivendicazioni, negli ultimi giorni sono sempre più frequenti quelle di categoria, per avere accesso prima di altri al vaccino: mi vengono in mente gli avvocati e, guarda un po’, i senatori. A riprova del nostro stato di civiltà, ai senatori viene in mente di battersi per il vaccino a sé stessi, non per i loro connazionali deboli e fragili.

Tempo fa, un amico mi raccontava di una sua esperienza in Guatemala, dove fu testimone del fatto che in occasione di un matrimonio i posti migliori venivano riservati a persone fragili, con o senza disabilità.

Per dire. Chissà che ne penserebbero i nostri senatori. Il bel paese, il bel paese civile…

Un pensiero su “VACCINI AI DISABILI, VERGOGNA NAZIONALE

  1. Caterina dice:

    Ho un fratello di 68 anni, disabile totale, che vive in una RSD di Varese. Il 24 febbraio gli è stata somministrata la prima dose di vaccino anti covid. A quanto pare siamo stati fortunati, anche perché in Lombardia con i vaccini non andiamo benissimo

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